RICORDATI DI GUARDARE LA LUNA

L’ho saputo da voci di corridoio. Abitarci vicino è come avere l’impressione di essere di passaggio, di un qualcosa di indefinito. Un lungo braccio di strada vi scorre da un lato. Del resto come si dice e mostra da sé l’aspetto della città è tutta circondata dalla pianura. Un grattacielo di quattro piani per arrampicarci sul nostro satellite colorato red con il sole che finiva di spegnersi e le strade si facevano buie con il vento appena sibilante. Aveva di che strabiliare la commedia scritta e diretta da Maria Montuori con la sua associazione culturale teatrale Ouroboros di Sulmona nello spettacolo “Bollenti Spiriti” più di un iceberg ormeggiato alle Molucche.

Come diceva Pascal, “né mostri, né angeli, ma uomini, donne, e il loro talento e basta”. Lo stesso ha una gran voce: lo senti, lo osservi, ha un suono che raramente non riconosci. Hanno quello speciale talento di tipo contagioso, quello che fa sembrare semplice ogni cosa. Erano vestiti colorati, eleganti, ma più leggeri era impossibile. Erano tutti professionali, erano della razza dei diamanti che taglia la razza dei vetri; Cristina Odoardi, Alessandro Ciuffini, C.C., Fiorenza Melchiorre, Roberto Carrozzo, Stefania Esposito, Milvia Corsetti, C.B., Antonio Cianchetta, A.B, Nicoletta S. Lancia, Annamaria Conti. Quei barlumi di emozioni, gioie e sogni regalati da una dozzina di talentuosi con il pubblico del Maria Caniglia, una moltitudine che ci offriva una bella vista, la più gaia e varia di tutta l’umanità, mescolato gomito a gomito nei vari palchetti e in platea che meritava di essere veduto e vissuto. La campanella risuonò tre volte leggera, soave. Le luci si spensero in un attimo, come se qualcuno avesse toccato un interruttore. Brulicanti di umanità, i talentuosi ricordavano un dipinto di Bosch. Avevano coperto in poco tempo un bel tratto di satellite per la terra dei sogni. Quei gesti, quelle facce, quei suoni, quei movimenti, quella personalità, quella lingua, quella musica erano come di chi si trovi davanti ad uno specchio e sa a memoria cosà dirà, dove metterà un braccio, una mano, un piede. Commoventi come delle stelle splendenti, nel giorno dell’anno ventotto del nostro emisfero. La recitazione è una esperienza umana universale che ci accompagna dagli albori della nostra specie, dà forma ai nostri pensieri, ai nostri sentimenti, alle nostre esperienze, svelando il potere di apprendere, esplorare, individuare, ridefinire modi più salutari di vivere. E’ un ottimo inizio cercare attraverso i talenti, la formula teatrale sacra della fantasia e della passione che portano sempre alla vittoria.

La commedia nasce nell’antica Grecia intorno al sesto secolo come rappresentazione teatrale comica. Il teatro è una forma comunicativa, ed è un modello che insegna a fare i conti con la fatica, la passione, sempre, nelle prove, nelle rappresentazioni, nella vita, promuovendo l’attività emotiva e mentale. La regista  guidava gli attori e le attrici come avrebbe guidato la nave ammiraglia Francis Drake, pirata ufficiale della Regina Elisabetta, all’epoca dell’Invincibile Armada. “Dove serve fermezza ci vuole rigore. Dove serve fantasia deve esserci massima libertà di espressione”. Questo sta a dimostrare che mescolando disciplina e fantasia si possono ottenere risultati importanti anche con associazioni culturali teatrali guidate dalla passione. La commedia aveva assorbito ogni cosa ed era diventata nei due atti, più di uno spirito bollente imbevuto di fantasia, bellezza sotto il peso della loro passione teatrale, mentre la mia mente si smarriva nel concerto della stessa e naufragava nei ricordi esausti. La commedia è una emozione sana. E’ l’anticamera dell’azione. Come sempre accade in occasioni simili, si sparsero diverse voci su presunte apparizioni a sorpresa; un vino magico, fantasmi, oggetti che sparivano e ricomparivano, l’epidemia del 600, un coacervo di situazioni paradossali in un tessuto storico ben definito, la Napoli del 1908, una storia del novecento nella storia del novecento. Sul palco c’erano solo loro. Erano la forza che muoveva le stelle, in allegria, in un turbinio di emozioni, risate e applausi scroscianti in una scenografia stupenda. Una miscela di suoni, di parole, di sorrisi melliflui e riflessioni, piena di spiriti inquieti in cerca di pace, con le sue luci ed ombre, coi Munacielli e le belle Mbriane. Realtà e magia si intrecciavano continuamente in un connubio nel quale la fantasia si dipingeva al limite della ragionevolezza, eppur pregna di significati arcani e placentari, di messaggi umanitari sempreverdi, senza la fantasia un po’ folle che quel futuro consentiva. Era una come una musica di fondo, una distrazione, una sostanza, che presa a piccole dosi diventava un narcotico consentito. Il finale di estasi era una miscela di parole, suoni, emozioni, musiche come se si aprisse e si chiudesse un dolce sipario. La luna era così piccola che il suo orizzonte era sempre a ridosso, diciamo a pochi chilometri di distanza, non di più. “Ci vorrebbe Omero per descrivere quello che ho osservato”, diceva la Fallaci. Ma lei era abituata a giocare nel dubbio. E il gioco valeva sempre la candela. La commedia finiva così, con questo loro brivido bollente in una emozione senza voce…

Cesidio Colantonio

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