PRIMARIE DEL PD, O SI SVOLTA O SI MUORE

di Massimo di Paolo – Prima era il PCI, poi il Pds e poi ancora DS, ed infine, con saldature a freddo, Pd. Origini importanti altrettanto la sua storia. La Sinistra portatrice di messaggi di uguaglianza, pari opportunità, supporto ai deboli, riconoscimento e tutela del proletariato. Le sezioni di partito centri di aggregazione, dibattito, confronto, di scelte politiche.

Una forza elettorale popolare, ideologica, retta dallapartecipazione. Oggi, un partito che è riuscito a sbriciolarsi, per cause e processi molteplici, avvitandosi tra intellettualismo,pessimismo e incredulità.

Dopo 15 anni irriconoscibile. Dal 2007 a oggi 8 segretari con sette governi e sei premier diversi.

Lo scioglimento non interessa a chi ha fatto del Pd un centro di potere e di autorealizzazione. Si vuole tentare, con una sorta di costituente, con un inno dettato dal manifesto dei saggi, una rinascita. Le primarie tra poco più di venti giorni.

La discussione il confronto restano vaghi, alla camomilla, senza forza e soprattutto senza idee forti sul tavolo, con riferimenti alle aspettative della gente, degli iscritti e dei simpatizzanti, per lo più evanescenti. Non si parla di sistemi scolastici, di sanità, di sistema fiscale, di tutela, di sviluppo industriale ecc. Si usano grandi contenitori culturali per dire tutto e non dire nulla. I candidati segretari hanno sottoscritto una sorta di accordo di non belligeranza per una campagna alla “dolce stil nuovo” innaffiando, il confronto elettorale per le primarie, con acqua insipida, senza scontri di idee per definire, gridare e spiegare le proprie ragioni a viso aperto.

“Con i pugnali nascosti sotto i baveri”.

Ancora più grave l’assenza di approfondimenti sul tentativo riformista del PD, diventato nel tempo, una sorta di suggestione. Non si parla di metodo e di riorganizzazione del partito, non si parla di attecchimento sui territori, non si parla di processi attrattivi per giovani, per donne, per i cittadini in cerca di impegno e partecipazione. I tavoli di confronto e dibattito, diluiti nei significati e nell’efficienza. Eppure il problema di come debba funzionare il nuovo partito è il problema.

Qualche dato e qualche osservazione possiamo farla partendo dallo studio fatto da Eugenio Marino, responsabile organizzazione del Pd per il Sud e le isole. In tutto il Sud solo tre quadri provengono dalla classe operaia, le sezioni di proprietà sono persistentemente vuote, gli operai non votano quasi più Pd e si fa fatica a formare dirigenti senza più una scuola di formazione. La tragicità nascosta è che i dirigenti locali non hanno più contatto, non somigliano più ai blocchi sociali che vogliono rappresentare. C’è stata una sorta di rimozione di interi pezzi di società dalla vitae soprattutto dall’agire del partito. Un partito imborghesito con una tendenza al narcisismo diffuso da radical chic, non in grado di rappresentare la dimensione sociale più bisognosa.

Cosa si voleva e ci si aspettava da questo periodo di avvicinamento alle primarie? Molto. Le attese erano molte. Il “compagno Wladimiro”, l’ultimo dirigente operaio, sperava di tornare a parlare ad orecchie in grado di ascoltare e con esso tutti quei cittadini che sentono il sopruso, l’ingiustizia, la mancanza di opportunità, che vivono la caoticità di uno Stato percepito come carnefice, che vedono servizi primari sciolti come neve al sole, che sentono l’incertezza della discriminazione, lo sfaldamento delle identità. I territori, i piccoli centri, le periferie, si aspettavano il confronto aperto per attuare una resa dei conti utile e necessaria per poter rielaborare un’appartenenza e nuove aspettative.
Anche qui, l’organizzazione del partito ha fatto acqua, perdendo l’occasione irripetibile di fare massa, di chiamare a raccolta con una serie di capillari, diversificate ma ricorsive iniziative sui territori. Le sezioni dovevano scendere per strada, creare eventi culturali e di confronto. Dialoghi per le città, dialoghi per le visioni, dialoghi per la politica. Si doveva rendere, la fase costituente, un fenomeno di avvicinamento e di crescita popolare aforte partecipazione, abbandonando la struttura verticistica e di controllo, aprendo e semplificando le fasi elettorali delle primarie, una sorta di festa del “Rinascimento”, alla faccia dei pavidi già seduti per il consolo. Le segreterie locali, dalle grandi metropoli fino ai piccoli borghi, le segreterie provinciali e regionali, i collettivi di quartiere, i centri di aggregazione giovanili e per anziani, le agorà popolari dovevano trasformarsi e vivere questo periodo come centri di socializzazione politica, di confronto e di organizzazione popolare. Poteva essere fatto? O è proprio questa la dimensione mancante che ha fatto perdere al partito quella capacità di intaccare e di trasformare i territori in grandi contenitori di crescita civile e di partecipazione?

Eppure le attese e i bisogni per un grande partito di sinistra che promuova alleanze, sensibilità e sviluppo, restano. Dai territori può rinascere il nuovo Pd. Non credo che si possa pensare a liturgie di potere durante queste primarie sarebbe un suicidio. Si perderebbe definitivamente quell’energia popolare dove occorre tornare ad attingere per un vero rinascimento della sinistra e del Partito democratico.

One thought on “PRIMARIE DEL PD, O SI SVOLTA O SI MUORE

  • avrebbero un’opportunita perfetta di rinascere ma non ci sentono o vedono !!!!
    Ambiente – riforma delle tasse – riforma lavoro !!!!!!
    Dai che ce la fate !!!

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