COGESA, CARO CONSIGLIERE TEDESCHI…

di Luigi Liberatore – In genere, anzi sempre, evito la polemica diretta, anche se rispetto ad un mio intervento dovessi registrare abusi e soprusi interpretativi da parte dei lettori. Pure quando il loro lessico attinge al calderone delle parolacce. Per un giornalista, va messo nel bilancio preventivo. Ho letto, tuttavia, il tuo commento al mio secondo articolo sul Cogesa e devo dirti che se non sei ingenuo sei superficiale, e allo stesso tempo disattento, sennò saresti stato più cauto nella valutazione e nelle espressioni. Non foss’altro perché non sei un lettore qualsiasi, ma un rappresentante delle istituzioni, ancorchè residuale in rapporto alle capacità decisionali pubbliche. Non ho avuto difficoltà a citare nel mio primo articolo la tua presa di posizione riguardo alla sparata del sindaco di L’Aquila, Pierluigi Biondi, ma se hai notato era un riconoscimento messo alla fine del pezzo. Non potevo dilungarmi nella valutazione del tuo articolato discorso, perché so che i pezzi lunghissimi, gli sproloqui, irritano chi legge. Sicchè ci sono tornato. E ho detto solamente che il PD di Pratola Peligna non dia lezioni sul Cogesa perché appartiene a un Comune che, pur essendo socio del Cogesa, ha preso la strada del distacco dalla compartecipata, facendo così emergere una contraddizione che non poteva consentirti di fare il professore (come segretario del PD) in casa altrui, non per contestarti sul piano personale. E’ come se tu avessi recitato un copione scritto in altre sedi, mettendo in quello spartito capre e cavoli. Qui si aprirebbe un altro discorso, ma è meglio tacere. Poi devo dirti che le festività natalizie, i banchetti, le libagioni, e soprattutto i regali c’entrano poco con quello che ho scritto prima e dopo sul Cogesa, e darti anche un consiglio: esistono scuole di recupero che aiutano a migliorare il linguaggio quando si voglia essere un pubblico amministratore e tenere su un piatto di eleganza il rapporto epistolare con gli altri, anche se dai connotati polemici. Per me la cosa finisce qui. Come dicevano i latini: de hoc satis!  

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