SUICIDIO CONTI, LA PROCURA ARCHIVIA DEFINITIVAMENTE L’INCHIESTA
Guido Conti fece tutto da solo, nessuno lo istigò a suicidarsi o quantomeno lo indusse a togliersi la vita. Lo ha certificato in maniera definitiva l’Ufficio indagini al terzo piano del Palazzo di Giustizia di Sulmona, mettendo il punto finale a una vicenda che, ancora oggi, continua a nascondere tanti lati irrisolti. Non sono bastati infatti, quattro anni di “ulteriori accertamenti”, come li chiama la procura, e tre opposizioni all’archiviazione da parte dei parenti, a fare piena luce sui motivi che avrebbero spinto l’ex generale dei carabinieri forestali a puntarsi la pistola alla tempia e a premere il grilletto. L’altro giorno, giovedì 17 novembre correva il 5° anniversario di quella tragica mattina quando verso le 21 di sera Il suo corpo senza vita fu rinvenuto sulla strada provinciale tra Sulmona e Pacentro, da due dei suoi più fedeli uomini del corpo forestale.
Lo trovarono a pochi metri dalla sua auto che aveva parcheggiato sul ciglio della strada, ancora chiusa al traffico per la frana scesa giù dalla montagna. Con il corpo rannicchiato e la pistola con il cane ancora alzato. Particolare che in un primo tempo aveva fatto pensare che insieme a lui, in quel momento, vi fosse un’altra persona. Il particolare del cane della pistola alzato, insieme al mozzicone di sigaretta trovato sul luogo del suicidio e una Porsche bianca che alcuni testimoni videro passare più volte lungo la strada ai piedi del monte Morrone, furono i principali motivi che indussero i familiari a chiedere di indagare ancora sulla morte del caro Guido. Approfondimenti sono stati svolti anche sui tabulati elettronici dell’utenza privata del generale dei carabinieri e in particolare sull’interlocutore con il quale Conti avrebbe discusso tra le 11 e mezzogiorno del 13 novembre. I familiari, assistiti dall’avvocato, Alessandro Margiotta, avevano chiesto anche di approfondire alcune testimonianze citando nome e cognome dei possibili testi che avevano parlato con l’ex generale pochi giorni prima della tragica fine. Bisogna ricordare che in quel periodo il generale Conti, da tempo non faceva più parte dell’Arma dei carabinieri. Dopo alcune brillanti operazioni a tutela dell’ambiente, prima tra tutte la scoperta della mega discarica di rifiuti tossici di Bussi sul Tirino, decise di lasciare la divisa per accettare l’offerta come consulente, della multinazionale francese Total. E forse proprio questa radicale scelta di vita che l’aveva portato a cambiare abitudini e convinzioni accettando un ruolo che non era suo, lontano dai quei valori che ne avevano contraddistinto l’azione con la divisa che, alla fine, lo ha portato piano piano a prendere la drammatica decisione che la sua missione in questo mondo, era finita.
È chiarissimo che bisogna risparmiare tempo e denaro di questi tempi ma spero non archivino anche i problemi della discarica a valle di dove il fatto successe.
Forse un giorno le autorità si prenderanno le loro responsabilità e questi “incidenti “ non succederanno più.