IN RICORDO DI PAOLO BARRASSO

Dal libro di Paolo Barrasso, Immagini e Poesie (Edizioni Parco Nazionale della Maiella, 2021), è tratta la lirica Così era che qui riportiamo. Una poesia delle tante che, insieme alle immagini da lui scattate e ad altre riflessioni, fanno di un libro uno scrigno di tesori. Biologo, naturalista ma soprattutto scienziato della Terra, Paolo si pone di fatto al centro di una storia che è la storia di tutti noi: una storia di vita e rigenerazione, di silenzi e di ascolti, di pace e quindi di bellezza. Paolo diventa custode della conoscenza di ogni creatura della nostra bellissima e fragile casa comune, e la sua vita si fa testimonianza di rispetto e di amore. Paolo amava le montagne più di sé stesso. A lui ben si addice la riflessione di Goethe: «I monti sono maestri muti e fanno discepoli silenziosi». Il discepolo Paolo non poteva non essere poeta, poiché solo chi ama il silenzio e la bellezza più di ogni altra cosa può definirsi tale. Il libro da cui questa poesia è tratta diventa battesimo, epifania perché di un libro si dice che “viene alla luce”, tanto quanto nasce un bambino. A farlo nascere ha pensato Rita, sua sorella.  Rita ha sognato, amato, nutrito e protetto il sogno, il progetto del fratello, lasciandolo crescere e maturare per anni come un virgulto d’ulivo. Ed è passato il tempo: il tempo dell’assenza, del ricordo, della consapevolezza. Ma il tempo non inizia e finisce, semplicemente gira, vaga come il vento «al di là di quel monte. / Al di là della valle / del fiume / dell’aria». I versi di Paolo irrompono nella nostra vita per il tempo necessario che passa dalle nostre mani agli occhi e disarmano, liberano, legano, soffocano e respirano di ogni respiro della terra. Attanagliano il lettore, ne stringono il petto fino a far sanguinare il cuore, lo liberano dalle catene dell’ipocrisia, dell’indifferenza, dell’avidità; infine, dopo averlo stremato d’incanto, lo sollevano liberandolo nello stesso cielo dove Paolo vive e che ha capovolto per noi. Il lettore diventa Paolo e Paolo il lettore. Scrive: «Oggi / sento che siamo / parola. / Fremo / che ce ne lasci / il segno». Attraverso le sue poesie, le sue fotografie, oltre che la sua vita, Paolo diventa testimone di verità. È lui stesso a dircelo: «Eppure / la verità / fluisce / dal greto vergine di semplici nature / e dilata / gli argini di menti vissute. / Ma capire / non è / neppure / destino. / È scelta». Nella sua scelta di vita è fondamentale l’umiltà che lui definisce essere «fatica d’ogni giorno». È con umiltà che la sua poesia si fa memoria e testamento, cioè testimonianza che, nel suo antico significato, diventa “esempio”. Paolo è l’esempio dello scienziato illuminato dalla disarmante complessità e semplicità del creato, un Francesco moderno che applica la sua personale santità al quotidiano rispetto di ogni creatura, a cominciare dall’amico cane Orso e dal fratello lupo con cui condivide anche fisicamente tanta parte della sua vita. Ma il destino era in agguato, acquattato ad aspettare dentro una forra il discepolo silenzioso. Il corpo di Paolo verrà ritrovato intatto dopo trentacinque giorni, come succede nelle favole o nelle leggende. Ma è più semplice pensare che le creature da lui amate, contravvenendo alla loro stessa natura, lo abbiano lasciato riposare integro tra le braccia di sorella Morte. «Io / ero dietro quel sogno / e da quello / ho vissuto, / per quello ho sperato».  Il suo sogno era semplicemente la consapevolezza che per meritare la bellezza della nostra terra dobbiamo difenderla con coraggio e verità, con umiltà. È questo che Paolo, il discepolo silenzioso, ha donato in eredità ad ognuno di noi.

 

 

Beatrice Ricottilli

 

COSÌ ERA

 

di Paolo Barrasso

 

 

Al di là

di quel monte.

Al di là della valle

del fiume

dell’aria

lo sguardo ricurvo

a lungo

ha scrutato.

Il cuore

non batte.

E passa

il filare di pioppo argentato

d’aprile il pappo,

gialla d’autunno

la foglia piatta.

E passa

piene di sole

le strade di polvere

il grido bambino.

S’avanza

il bue maestoso,

l’arso contadino

e il solco profondo

in cui tutto

è svanito.

Io

ero dietro quel sogno

e da quello

ho vissuto,

per quello ho sperato.