LE PORTE DELLA SPERANZA

L’appuntamento è fissato ormai da qualche giorno.E’ un anomalo e afoso pomeriggio di settembre quando mi presento davanti la sede della Croce Rossa di Sulmona con una leggera tensione addosso. Per due motivi: conosco bene gli argomenti da me proposti per l’intervista e che affronterò con i Responsabili locali. E poi perché chissà quali saranno le risposte che ascolterò a tal riguardo. Ho da sempre posto l’attenzione ai temi Sociali mettendo a disposizione degli ultimi, ogni forma di collaborazione per dare un modesto contributo da parte mia alla loro causa. Portando a conoscenza di tutti, la loro condizione sociale, sperando in un interessamento da parte di chi di dovere. Ma questa volta ho deciso di ascoltare chi tocca con mano, il polso della situazione. Un viaggio delicato attraverso le nuove frontiere della povertà. Tema purtroppo dove ancora oggi, in molti si voltano dall’altra parte. Per paura, scetticismo. Spesso per indifferenza. La piaga peggiore in assoluto. Non è semplice ritrovarsi davanti quella fredda porta in alluminio dove, di recente sempre più famiglie vanno a chiedere aiuto. Preso dai miei pensieri, non mi accorgo che lentamente quella porta si apre e il sorriso amichevole della Presidente Anna Mancinelli, mi invita ad entrare. Le stanze sono ordinate e stranamente silenziose. Troppo silenziose per l’andirivieni classico della gente che cerca un po’ di sostegno.  I saluti cordiali prima delle parole, preparano all’ascolto di una realtà durissima e vagamente immaginata. Entro subito nel vivo del discorso e chiedo come sia attualmente la situazione nella Valle Peligna. La Presidente resta un attimo in silenzio, quindi inizia:“ – Drammatica, assolutamente drammatica. Lo era già prima del periodo pandemico e oggi purtroppo c’è stato un preoccupante aumento del 50% delle richieste d’aiuto. Assisto a volte personalmente a episodi che ti lasciano davvero senza parole e ti senti con le mani legate davanti a certi disastri sociali fino a qualche anno fa decisamente non preventivabili”. L’atmosfera all’interno del suo ufficio cambia drasticamente mentre ascolto fatti narrati dalla Responsabile, leggendo sul suo volto una sorta di sofferenza. Le battaglie continue l’hanno forgiata e fortificata e mai apparirebbe sul suo volto, la resa. Ne sono convinto nel vedere come, con estrema sicurezza, affronta le cose. Mi ricorda che nella Croce Rossa Italiana della locale sezione, sono attive 250 figure che a vario titolo offrono la propria disponibilità di tempo per mettersi a disposizione della collettività. Veniamo raggiunti nel frattempo da Anna Maria Tortis attualmente Delegata Area Sociale della C.R.I. Comitato di Sulmona. Si accomoda discretamente accanto alla sua Presidente restando in silenzio. Conferma la drammaticità degli episodi narrati dalla Presidente,    abbassando il capo. Chiedo se si è notata una certa differenza di valori tra i locali e gli extra comunitari. E anche in questo caso, la pausa di riflessione diventa ancora più lunga quasi da lasciarmi intuire in anticipo, la risposta:“Purtroppo dobbiamo registrare un notevole aumento dell’indigenza di famiglie dell’area peligna superiore a quella di persone provenienti da altri paesi esteri. E questa sembra comunque la punta dell’iceberg. Spesso veniamo a conoscenza di realtà drammatiche attraverso il passaparola di quanti, vivendo nelle vicinanze di questa povera gente, ne conoscono per primi, le dure condizioni economiche. In quel caso, e capita sovente, siamo noi ad andare da loro e la nostra visita inaspettata diventa per essi, un raggio di sole in un cielo terribilmente oscuro. Nel caos di queste situazioni, fortunatamente esistono piccole isole di speranza. Come non riconoscere l’ottimo supporto delle Volontarie di Pratola Peligna. Donne di ogni età e ceto sociale pronte a dare il proprio contributo a favore degli altri. Inclusa l’Amministrazione Comunale, attenta a questi temi e pronta a concedere contributi che noi poi volgiamo a quanti in difficoltà. Tutto sempre con la massima trasparenza. Mi creda, quel campanello posto oltre quella porta, a volte diventa l’ultimo grido di aiuto per molti a cui tentiamo in ogni modo di dare assistenza e conforto. Come non notare la solitudine di queste persone. Spesso basta il sorriso di un nostro collaboratore e loro si aprono in racconti della loro vita. Sicuramente convinti di trovare in questi luoghi, qualcuno capace di ascoltarli”. Mi rende partecipe di altre interessanti sfumature del loro prezioso servizio. Condividendo alcune affermazioni con la sua stretta collaboratrice. Il tempo tiranno interrompe quell’incontro mai così ricco di argomenti e spunti di riflessione. Decido di fermarmi e quanto da lei ascoltato mi è sufficiente per il mio articolo. Ma ci sarebbe davvero molto da scrivere a riguardo. Ci promettiamo di rivederci per saperne di più anche se quanto ascoltato già devasta l’anima. Esco da quella porta in silenzio così come sono entrato.  Accompagnato dai sorrisi e la gentilezza delle due donne. Fuori la porta, un uomo avanti con l’età e una bicicletta malandata. Si volta verso di me dicendomi in un dialetto antico e con aria sfiduciata:“Giovanotto, che fine abbiamo fatto…” Le porte della speranza tra poco si apriranno per l’ennesima volta anche per lui. Per fortuna…

Ezio Forsano