PER I NOVANT’ANNI DEL PROFESSORE DAMIANO VENANZIO FUCINESE
Oggi pomeriggio Raiano celebra e festeggia i novant’anni del professore Damiano Venanzio Fucinese. Un incontro dedicato a Nino, come è meglio conosciuto nel suo paese, si svolgerà oggi, 23 luglio, alle 18, in via XXIV Maggio.
Nove anni e un mese fa, il 23 giugno 2013, fui invitato dal Professore Ottaviano Giannangeli ad intervenire a Raiano per le celebrazioni dei suoi novant’anni; oggi, anche se a distanza e solo per iscritto, ci tengo ad omaggiare le nove decadi di Damiano Venanzio Fucinese (professore a riposo di Storia dell’Architettura alla “Gabriele d’Annunzio” di Pescara) che di Giannangeli fu amico affezionato e fraterno collaboratore.
Se il raggio d’interessi di Fucinese lo ha spinto ad occuparsi dell’Abruzzo nei suoi aspetti più disparati (a lui si deve l’ampia e dettagliatissima ricognizione bibliografica Arte e archeologia in Abruzzo, Roma, 1978), è proprio nell’impegno dedicato alla riscoperta e rivalutazione storica di Raiano che egli si è distinto, dimostrandosi un vero genius loci. Ma la sua operazione, che nel corso dei decenni ha portato a pubblicazioni fondamentali (Raiano. Notizie storiche e vita tradizionale, L’Aquila, 1971; Raiano e dintorni. L’immagine e la storia, Raiano, 1987; Un anno, una vita. Storia orale del popolo raianese, Sulmona, 2003; Vocabolario del dialetto raianese, Raiano, 2008), è scevra da ogni campanilismo, e, per quanto ispirata dal più sincero legame nei confronti del luogo nativo, si muove non solo su criteri rigorosamente scientifici ma viene condotta in nome di un dovere civile: “salvare” la storia.
Nell’introduzione a Raiano e dintorni, dopo aver sostenuto apoditticamente che «Solo attraverso la conoscenza, che vuol dire soprattutto consapevolezza, è possibile tutelare, conservare, valorizzare», egli afferma: «… sono convinto della necessità di un preliminare scavo in profondità e relativo ai singoli centri; in altre parole, è necessaria una nutrita ricerca del particolare. Un esaustivo lavoro di sintesi mi pare non sia ancora possibile senza un preventivo affondo analitico, che solo può costituire la base per un attendibile e più ampio disegno». Eppure, sin dal suo primo volume, che si era guardato bene dal presentare come una “storia di Raiano”, per una evidente mancanza di fonti documentali non ancora disponibili o irrimediabilmente perdute, Fucinese riesce a creare – dalle antiche iscrizioni lapidarie, dalle strutture architettoniche e dalle presenze artistiche nei luoghi di culto (a lui si deve, tra le altre cose, la datazione del Compianto sul Cristo morto nell’eremo di San Venanzio), dalle tradizioni e dalle sentenze dialettali che scandivano la vita degli avi – un disegno più che ampio e attendibile del suo paese.
In Raiano e dintorni Fucinese arricchisce il suo discorso storico fornendo un’interessante documentazione sull’archeologia e sulla toponomastica della zona di Raiano, ribandendo così il concetto secondo cui «la storia di una grande città o di un piccolo centro si realizzata attraverso la geografia del suo territorio che, di conseguenza, porta i segni evidenti delle strutture economiche, politiche e sociali».
Per il suo lavoro si avvale anche di alcuni testi di Benedetto Croce, rinvenuti in quella Casa Sagaria-Rossi che in più occasioni aveva ospitato il filosofo: I feudatari di Raiano e Appunti inediti su due chiesette raianesi. L’idea di Fucinese – niente affatto inverosimile – è che Croce, dopo aver già scritto su Pescasseroli e Montenerodomo, avesse in mente di preparare una monografia sul suo paese abruzzese d’elezione. Egli inoltre riporta alla luce l’epistolario di Croce indirizzato alla cugina Teresa Petroni (sposata al raianese Valentino Rossi) e al di lei genero, Avv. Camillo Sagaria, che pubblica sulla rivista “Dimensioni” (1966), fondata e diretta dall’amico Giannangeli. A quest’ultimo scriveva, in una lettera del 21 aprile 1964, della necessità di reperire l’album di famiglia dei Sagaria-Rossi, chiudendo con un polemico ma affettuoso Post Scriptum.: «’Mbarete a appeccecaje i francobolle, ca me sì fatte pahà la tasse…!». Ciò a ribadire il tono goliardico che ha sempre caratterizzato il loro rapporto.
Nel 1975 Fucinese e Giannangeli, che erano stati i protagonisti della Maggiolata raianese (nata nel 1946), poi ribattezzata Sagra delle Ciliegie, non solo alimentando l’interesse per il folclore e per la vita comunitaria ma anche garantendo la diffusione, nella nostra vallata, di quella musica abruzzese che nel dopoguerra aveva ripreso a risplendere nella Maggiolata di Ortona, decidono, su spinta del più giovane amico, a ricreare un gruppo corale, “I Vecchi Cantori di Raiano”, che in nove anni si esibisce in dieci Serate Canore, ognuna delle quali è dedicata a un grande compositore della regione o a un tipico aspetto della vita popolare. L’operazione si rivela un successo (indimenticabile la serata al Teatro Odeon di Ortona dedicata a Guido Albanese), tanto da portare, nel 1977, a un’incisione discografica di alcune delle migliori canzoni di Antonio Di Jorio.
Presentando il libro Un anno, una vita, Ottaviano Giannangeli ricordava così la loro amicizia: «… ci era comune l’amore, non sostanziato solo di passione generica o direi naturale per il proprio paese, per la propria valle, per la propria regione, ma per la memoria storica e culturale di tali territori che formava – si potrebbe dire – l’anima di quella passione e di quel sentimento». Proprio questa passione e questo sentimento hanno animato i due raianesi lungo il corso della loro lunga esistenza e in ogni settore d’indagine. Oggi Damiano Venanzio Fucinese approda ai novant’anni e viene celebrato dai suoi concittadini che in lui ritrovano una figura che va oltre la retorica del “nume tutelare” e che invece definisce la propria grandezza nella semplicità di uno spirito sempre votato alla scoperta del prossimo, della bellezza riposta nelle cose minute, portatrici di storia e, come tali, degne dell’ascolto più rispettoso.
Auguri, dunque, Professore!
Andrea Giampietro
Aspettavo di ascoltarti, caro Andrea, in quello spazio così carico e caro, conosciuto e percorso dai più grandi, da coloro che tu mirabilmente ricordi, per augurare buona vita ad un prezioso novantenne come lo è Damiano Venanzio Fucinese che anche io ho avuto la fortuna di conoscere, apprezzare e acclamare dentro le stanze silenziose e segrete dell’Archivio di Stato di Sulmona. Aspettavamo te, Andrea, nessun altro, noi tutti che abbiamo acquisito col sudore dei pensieri quella conoscenza, come tu mirabilmente, sottolineando le parole di Fucinese, a tutti e ad ognuno ricordi. Ne abbiamo fatto onestà intellettuale che, prima ancora della consapevolezza, è stata ed è la bandiera libera della nostra vita. Nessun altro in quello spazio raianese “ha titolo”, se così può definirsi la dedizione che ti riconosciamo per aver immerso le tue abili mani, ma soprattutto il tuo cuore, prima della testa, come uno tra i migliori archivisti, tra le difficili carte giannangeliane. Nessuno che io conosca oggi avrebbe potuto e saputo fare meglio di te. Nessuno ha titolo per parlare, neanche per augurare una vita ancora più lunga e bella a chi, senza risparmiarsi, ce l’ha già donata. Quello spazio che ti aspettava vicino al Maestro sarà vuoto di conoscenza, di consapevolezza ma soprattutto di onestà intellettuale, quella richiesta e necessaria a conoscere e studiare davvero la profondità del dolore che pure proviene dalle amate e sudate carte. Come sempre sei stato mirabile ed ammirabile, caro Andrea, perché hai trasformato, con la leggerezza della farfalla, un “semplice” seppur pregevole augurio in una pagina di Storia Patria con la quale riflettere e viaggiare. Così ti sono grata per averci regalato, travestita da compleanno, una mirabile memoria storica che altro non è che amore per la propria terra.
Beatrice Ricottilli