ANTONIO DEL BEATO CORVI, IL POETA “SULMONTINO”
Ritengo sia una grande opportunità avere la possibilità di incontrare giornalmente per le strade del Centro storico, figure speciali che fanno parte a pieno titolo, del patrimonio culturale di questa città. Seppur nella sua apparente modestia che lo contraddistingue da sempre, Antonio Del Beato Corvi è sicuramente ai vertici di una ideale classifica che include le migliori personalità di questa città. Conosciuto e riconosciuto autore di elevato valore letterario, mi concede da amico di sempre un piacevole incontro. Ci soffermiamo quindi in un angolo del suo negozio. Quindi, mi anticipa con un sorriso e il suo ironico modo di parlare:“Dai, dimmi tutto. Cosa vuoi sapere…” Raccontami dei tuoi inizi. Come nasce in te, la passione per la scrittura?“Ad essere onesti devo tutto a mio padre Panfilo, fine poeta, pittore e autore di musiche e canzoni . Ricordo che gli faceva piacere leggere le mie prime rudimentali poesiucole, dettate dal solo interesse agli spiccioletti di rito, che una volta scritte venivano poste sotto il piatto durante le feste comandate, ma che comunque mi impegnavano. Lui per gioco paventava il nulla trovato. In apparenza sembrava snobbarli ma in realtà li apprezzava molto. Quindi l’inattesa svolta. Era il 1952 ed io avevo appena 8 anni. Una poetessa e cantante americana, Gina Carano, dopo aver letto una mia poesia volle ricompensarla con la somma di mille lire. Allora erano soldi credimi. Figuriamoci per un bambino come me…” In virtù del tuo legame con la poesia dialettale ,viste anche le numerose opere da te composte, ritieni che il vernacolo potrebbe essere portato nelle scuole?“ E’ una battaglia che conduco da sempre. E ciò non soltanto per le nostre zone ma per la nazione intera. Spesso mi sono confrontato con i docenti proponendo l’idea di fare un’ora di lezione al mese dedicata non solo al dialetto ma anche alla storia della città in cui si vive. Ricordiamoci che in esso si cela la nostra storia, le nostre origini. Pensa che ci sono termini dialettali intraducibili in italiano. In questi ultimi tempi poi, il dialetto si sta prendendo delle grosse rivincite in svariati ambiti culturali. E ciò non può che farmi piacere.” Ritieni che il dialetto, la cultura dialettale in senso lato sia un prodotto di nicchia o per le masse?“ Il dialetto è indubbiamente un bene prezioso per le masse, le comunità. Basta vedere la riscoperta del teatro dialettale oggi. Se poi a ciò uniamo il fatto che in molti stanno rivalorizzando alcuni termini provenienti dal latino e dal greco, la dice lunga. In fondo le nostre stesse origini sono legate a quella Grecia che diede i natali al prode Solimo a cui Ovidio, il nostro grande poeta e vate latino riconosce la fondazione della nostra città”Nella tua lunga carriera, puoi indicarmi una figura importante che ha incontrato? Quella a cui forse devi molto:“Sembrerà strano. Questa figura è mio padre che da subito ha creduto in me. Motivandomi a proseguire il suo sentiero artistico di cui vado fiero. Tra i mille ricordi di quelle epoche come dimenticare le riunioni musicali di mio padre e dei suoi amici, tra cui il grande Rino Panza. Non appena ne ebbi l’opportunità, attraverso uno dei primi registratori il famoso “Gelosino”, iniziai a memorizzare le loro melodie che tutt’ora conservo gelosamente, per me reliquie sacre.”Un tuo consiglio ai giovani che volessero intraprendere questa attività delicata:“Devi sapere che quando ero adolescente, era complicato recarsi al mare per cui passavo le mie giornate dedicandomi alla lettura visto che in casa vi era una buona biblioteca. Quindi esorto i giovani a leggere molto affinché arricchiscano il loro bagaglio culturale e lessicale. Solo leggendo molto si ottiene ciò che occorre per poter iniziare l’impervio cammino verso la scrittura.”Possiamo confermare quanto le tue origini abbiano inciso nel tuo percorso artistico?“In casa mia si respirava una buona cultura. Mio padre ha anche scritto, oltre a canzoni e poesie un romanzo in endecasillabi “Renato Di Montalto Chiaro” che ho deciso di ripubblicare quest’anno a 50 anni dalla sua morte e per ricordarlo ci sarà mostra nel mese mentre la “Compagnia Teatrale Arianna” riporterà in scena l’opera “ Funtane Antiche” che contiene fra l’altro le farse e le canzoni scritte sempre da mio padre. La particolarità di questa realizzazione è che la stessa venne portata in scena 25 anni or sono sempre dalla Compagnia Arianna ed ora verrà riproposta da quasi tutti gli stessi attori. Credo di averti dato due belle anticipazioni.”Non voglio rubarti altro tempo. Puoi dirmi in chiusura qual è il tuo sogno nel cassetto, sempre ammesso che tu ne abbia ancora qualcuno:“D’istinto ti risponderei “ vincere alla lotteria”. Scherzi a parte vorrei si realizzasse qualche mio desiderio legato proprio al nostro vernacolo. Mi piacerebbe vederlo valorizzato maggiormente nei Teatri locali e nazionali oltre che nelle scuole. Devi sapere che inizialmente io scrivevo soltanto in italiano, poi il passaggio e la miscelazione dell’italiano e del vernacolo riscoprendo parole ataviche piene di fascino intraducibili con una singola parola italiana, per tutto quello che era ed è in esse, avvenne quasi naturalmente. Ciò dovuto anche al fatto che gran parte dei contadini del luogo parlavano soltanto il dialetto contrariamente alle classi nobili che addirittura usavano molto il francese quale idioma distintivo nobiliare. Il tempo ha fatto il resto. Per fortuna.”Impegni reciproci ci impediscono di continuare. Lo saluto ringraziandolo per la sua amicizia . Prima di uscire avverto la sua voce dal piglio ironico che urla:“Mi raccomando, si dice sulmontino non sulmonese”E chi lo contraddice. Se lo dice lui, avrà sicuramente ragione.
Ezio Forsano
http://www.vociescrittura.it/files/Abruzzo-Novecento.pdf