UNA VITA SULLE DUE RUOTE, LA STORIA DEL CAMPIONE SULMONESE DE PANFILIS
Per quanti non ancora hanno avuto la fortuna di conoscere Venanzio De Panfilis, mi permetterò di fare le dovute presentazioni. Iniziando dal ripercorrere la sua brillante carriera sportiva. Nato praticamente con la bicicletta, inizia già ad appena cinque anni a mettersi in evidenza sulle due ruote arrivando a distinguersi in modo repentino nei campionati giovanili di categoria FCI. Le numerose vittorie lo porteranno in breve tempo a distinguersi tra i velocisti nazionali. Le sue notevoli capacità fisiche lo aiuteranno presto, ad arrivare nel ciclismo professionistico. Partecipa ai Campionati mondiali, coppe del mondo e gare internazionali diventando in seguito, Campione italiano. Trascorre oltre un decennio nella Nazionale di ciclismo arrivando a sfiorare le Olimpiadi. Chiude quindi la sua carriera involontariamente e non per sua scelta o demerito sportivo ,nel Gruppo ciclistico della Polizia Penitenziaria ovvero Fiamme Azzurre. I trofei e le medaglie non si contano per quest’uomo che ha dedicato la propria vita al ciclismo per ben 11 volte Vice Campione italiano. Da qualche tempo ha nelle sue intenzioni, il desiderio di raccontare la sua esperienza in un libro di prossima uscita. E durante uno degli ultimi incontri avuti con lui incuriosito, chiedo il perché di questa scelta di raccontarsi a tutti:“ Credo molto nello Sport come valore e non come politica. Lo Sport dovrebbe rimanere tale e non subire l’influenza della politica se non negli ambiti burocratici e federali. Altrimenti si rischia di alterare le potenzialità di chi crede in questo ambiente e l’Italia presenta ancora gravi carenze sotto questo punto di vista”Gli chiedo il suo pensiero in merito al binomio sport/denaro e cosa dovrebbe fare un giovane atleta per non lasciarsi ingannare da certi pericoli: “ Difficile fuggire da queste tentazioni soprattutto per un giovane inesperto. Bisognerebbe fare sport o attività fisica esclusivamente come educazione alla vita. Trasformare tutto ciò, in seguito è davvero difficile se non impossibile”Venanzio De Panfilis ha un sogno nel cassetto non realizzato?“…No, non si parla di sogno ma della delusione che ad appena 26 anni e nel pieno della mia attività agonistica ho subito uno stop forzato. Quelle Olimpiadi mancate non le ho ancora digerite se devo dirla tutta. E’ inaccettabile che dopo mille sacrifici fatti da me e dalla mia famiglia per arrivare ad un traguardo importante, qualcuno abbia deciso per me che quello fosse il momento di interrompere quel sogno. Ormai sono trascorsi diversi anni e a distanza di tempo, quella situazione amara mi disturba ancora…” Signor De Panfilis, quale consiglio si sente di dare ad un giovane atleta che vorrebbe frequentare il ciclismo malgrado la sua amara esperienza? “…Divertitevi. Prendete questa attività con serietà ma quanto basta. Affrontare ogni sfida con molta modestia. Altrimenti si rischia di creare uomini che a fine carriera si ritrovano con pericolosi danni interiori. In fondo credo di essere stato uno degli ultimi fortunati in questo campo. Ricordando sempre che lo Sport non è per tutta la vita…”Un’ ultima riflessione. Secondo lei quale e come dovrebbe essere l’apporto e il supporto della famiglia in ambito sportivo? “ La famiglia è fondamentale in ogni senso. Il carico emotivo e fisico dettato da questo Sport può essere alleggerito soltanto tramite il supporto della famiglia. Da soli e individualmente non si va da nessuna parte. “Ha ancora molto da raccontare, lo avverto. Ma per ora va bene così. Quando lo saluto leggo l’amarezza nei suoi occhi per quei traguardi che non l’hanno visto protagonista. Un uomo col suo bambino lo chiama nel suo laboratorio. L’ennesima bicicletta da riparare e lui sempre pronto e cortese verso tutti. Mettendo la sua esperienza a disposizione di chiunque ne avesse necessità. E in fondo un Campione è anche questo…(Nella foto Venanzio De Panfilis con il compianto Fernando Ranalli).
Ezio Forsano