LA STORIA DI OLESIA, PROFUGA DALL’INFERNO UCRAINO
I temi della guerra nei territori dell’Europa dell’Est hanno invaso e superato di gran lunga quelli non ancora terminati della pandemia. I media ne sono la prova più evidente. L’opportunità di questa rubrica mi è utile in questo frangente ed essendo molto sensibile ai problemi degli ultimi, ho voluto contattare alcune conoscenze di questa comunità. Ciò mi ha permesso di avvicinare una famiglia di ucraini appena giunti in città e con estrema delicatezza sono riuscito a avvicinare Olesia, madre di tre bambini proveniente da un paese dell’Est ucraino. Un saluto imbarazzato è stato il precursore di quei primi momenti di disagio reciproco. La tensione era palpabile ma sono stati sostituiti lentamente da una forma di rilassatezza che credo di essere riuscito ad infondere nella donna. Una sua conoscente ha favorito il dialogo con una traduzione in lingua visto che Olesia non comprende nessun vocabolo italiano. Noto il suo sguardo diffidente pur avendo saputo in anticipo il motivo dell’incontro. La lascio parlare, senza interromperla. Gradisce il metodo. Credo di aver conquistato la sua fiducia. Ora mi guarda fisso e inizia a ricordare quei giorni dove non c’era stata nessuna avvisaglia dell’invasione. Tranne l’anomalo avvicendarsi di lettre di richiamo alla leva giunte a molti uomini di qualsiasi ceto sociale e professione. Ciò si verificò a dicembre del 2021 ma alla cosa non fu dato risalto più di tanto. Poi improvvisa, quell’invasione inattesa. L’avvenimento spiazzò tutti. Nessuno era preparato per far fronte al dramma che stava per compiersi. Ricorda le fughe nei sotterranei coi piccoli ai quali tentò sempre di ingannarli con giochi di qualsiasi genere pur di calmare la loro paura. Ogni madre si attivò in tal senso ma i rumori dei bombardamenti coprivano le sporadiche e rare risate di piccoli. Ormai si percepiva il pericolo incombente e chi potè si attivo per lasciare momentaneamente quei luoghi. Si iniziò ad organizzarsi per effettuare quel viaggio. Seppur tra mille difficoltà.Venne approntato un piccolo furgone pagando profumatamente il conducente. E qui si potrebbe aprire una parentesi dolorosa. Ma andiamo oltre. Gli occhi diventano lucidi di pianto. Comprendo il momento. Mentre si allontanava, gettò il suo sguardo oltre il vetro osservando quanti non si poterono permettersi quel viaggio verso la libertà. Quindi l’arrivo nella confusione generale della frontiera polacca. L’accoglienza, il caos, le grida di bambini storditi da tanta rumore e tanta gente. Qualche giorno dopo lei e la sua famiglia partivano per l’Italia grazia all’aiuto di alcuni familiari del posto. Il racconto è lento, dettagliato e umido di lacrime che le bagnano il volto di continuo. Non la interrompo. Mi dice di avere un sogno, quello di tutti i suoi connazionali: tornare a casa prima possibile. Finire presto quell’incubo che stanno vivendo. Ci tiene a ringraziare tutti i cittadini che la sostengono. Lo apprezza molto. Squilla il suo telefono. La voce briosa di una bambina la cerca. Mi fa capire che deve andare. Ci salutiamo con un sorriso di fiducia e mi ringrazia. Mentre va via si volta indietro. La seguo con lo sguardo. E’ una madre con molta dignità. Non posso che augurarle il meglio. A lei e ai suoi bambini. Aggiungo io a tutti quei bambini. E di tornare a casa presto. Lo merita. Lo meritano tutti quelli come lei…
Ezio Forsano
Bellissimo racconto, toccante.