COSA E’ SUCCESSO ALLA PERSONA CHE CHIAMAVO “FRATELLO”?

Alessandro Lavalle – Il mondo, in particolare una piccola porzione del mondo, la mattina del 24 febbraio 2022 si è svegliata con una notizia tra le più nefaste: l’alba ci ha accolti spirando l’aria di guerra.

Una guerra acerba che tuttavia ha già mietuto molte e molte vittime e chissà quante altre ne dovrà ancora mietere prima che tutto si spenga, in un attimo, proprio come è cominciata.

Non discuterò di questo tragico evento in sé e dunque non pronuncerò commenti di sorta sulle ragioni, per quanto a mio modesto parere inesistenti, che sono causa di questo conflitto; in effetti sono veramente mai esistite delle guerre giuste?

Tralasciando l’ovvia osservazione circa le posizioni diametrali, o ragioni in questo senso, che hanno spinto le due nazioni a scontrarsi, le quali si differenziano per il solo fatto che una delle due, non penso sia necessario sottolineare quale, è più socialmente accettabile rispetto l’altra, ci tengo a dichiarare invece quanto, ogni qualvolta si scaturisce nello scontro armato, la ragione – ripeto per quanto giusta possa apparire – non vale mai i mezzi utilizzati e le perdite subite per giustificarla.

Per rispondere alla mia domanda alquanto retorica: la tanto idolatrata “guerra giusta” non esiste e cercare una qualsivoglia giustificazione nell’attaccare ferocemente un altro essere umano è solo la scusa che ci rifiliamo per riuscire a dormire serenamente la notte. Sono secoli, millenni che continuiamo a commettere gli stessi errori; ci rifiutiamo di cambiare e di migliorare nonostante ora noi ne siamo pienamente capaci. Ci concentriamo sulle apparenze invece che sulla sostanza, ciò di cui abbiamo bisogno limita ciò che vogliamo e per questo lo rifiutiamo. L’unica certezza che porta la pace è soltanto una dilatazione temporale tra una guerra e l’altra: combattiamo nascondendoci dietro nobili ideali perché è necessario alla nostra psiche. Meglio affrontare la verità ora e far cessare tutto piuttosto che far scrivere dai vincitori le cronache di un’altra “guerra giusta” sulle macerie del nuovo mondo e col sangue di coloro che non ce l’hanno fatta.

Provo una pena così profonda sia per i civili che per i soldati di ambedue le nazioni: persone semplici mandate a morire per una causa a loro sconosciuta, agnelli sacrificali  di un ideale che non conosce i loro nomi, i loro volti o le loro credenze: martiri di una causa che li costringe a combattere persone che una volta magari consideravano come fratelli e sorelle.

Viviamo in tempi bui, tuttavia sono tempi che abbiamo accolto senza battere ciglio: l’uomo può tanto nella sua straordinaria intelligenza e creatività, ciononostante preferisce lasciarsi andare all’edonismo e all’indulgenza. Ogni guerra è figlia di una generazione debole e lussuriosa che, accecata dall’arroganza, pensa che con il conflitto possa solo guadagnarci; cosa che arriva al suo zenit per poi acquietarsi dando via ad un nuovo periodo di “pace”: una pace che guerra dopo guerra stiamo guadagnando con vittime sempre più numerose. Sono stanco di vivere questa altalena storica anche se vi sono appena salito sopra.

Se l’essere umano è bravo a fare qualcosa quella cosa è essere arroganti: crediamo sempre che la storia non abbia nulla da insegnarci, che la generazione futura farà inevitabilmente meglio di quella precedente solo perché è venuta dopo e che in qualche modo risolverà tutti i problemi che la generazione precedente non ha voluto risolvere. Come sempre, prima o poi, arriva il momento di cogliere i frutti di questa arroganza. E quel momento è infine giunto.

Prego perché tutto si risolva per il meglio, ma non prego Dio… piuttosto mi appello all’animo umano. Mi appello a quel buon senso che a tutti noi fa comodo ignorare, e che tuttavia da qualche parte esiste ancora, per quanto minuto possa essere. Prego affinché ogni persona, in cuor suo, apra gli occhi davanti a cotanta barbarie e dica: “ne ho abbastanza…”