CIO’ CHE PENSO DI CONOSCERE NON E’ CIO’ CHE SO DI CONOSCERE

Alessandro Lavalle – Non trovo difficoltoso dover ammettere di essere vittima di una forma fastidiosamente persistente di arroganza. Un difetto che, ogni singola volta, impedisce di esprimermi in maniera chiara e semplice in modo da far comprendere al mio interlocutore le mie vere intenzioni, evitando –conseguentemente – che una piccola ed innocua diatriba esploda in una accesa e catastrofica discussione. Ho notato che questa particolare forma di arroganza è uno dei principali sentimenti di fondo che caratterizzano la mia generazione, o meglio: che caratterizza quasi tutti coloro nati dopo il Duemila. Siamo stati in vita per così poco tempo eppure durante questi pochi anni sono successi davvero così tanti eventi che siamo stati portati a pensare di essere gli unici a conoscenza della verità assoluta di qualsiasi argomento. La natività digitale in particolare ci ha dato, da un lato, un preziosissimo strumento di condivisione e connessione ma dall’altro anche un improprio trofeo da esporre: il vanto di “essere a conoscenza” circa il funzionamento del nuovo mondo digitale figlio della quarta rivoluzione industriale. Tuttavia capire come usare qualcosa non vuol dire sapere come funziona; vado a spiegarmi meglio: una persona qualunque potrebbe sapere come usare una macchina, tuttavia rimane completamente (o quasi) all’oscuro del suo funzionamento. Insomma: il fatto di sapere come guidare un auto non ci
rende automaticamente meccanici. Allo stesso modo, saper usare un telefono, un computer o un social network non ci rende guru della tecnologia, anzi: saremo pure nati nell’era della digitalizzazione ma tra tutti coloro che fanno parte di questa epoca siamo quelli che di questi mezzi tecnologici ne fanno uno degli usi più sbagliati.
Ciò che manca a me, e ad alcuni miei coetanei, è la modestia, o meglio, il beneficio del dubbio: la capacità, la necessità di doversi mettere in dubbio. Se è vero che il saggio è colui che, come disse Socrate, “sa di non sapere” allora dovremmo attenerci ad una condotta ispirata ad una sana consapevolezza del fatto che, al di fuori di noi e delle nostre esperienze, esiste tutto un mondo di cui siamo del tutto ignari.