IL DIARIO DI SOLIMO: 15 MAGGIO 1853, LIBERTA’ DI STAMPA

Fabio Maiorano – Già nel mirino della polizia borbonica, perché ritenuto l’autore dell’anonimo sonetto “sedizioso”, rinvenuto sui cantonali dei palazzi e sulla porte delle chiese il 28 aprile1849, festa del patrono, Panfilo Serafini fu sospettato – insieme con i tipografi Ubaldo e Antonio Angeletti, padre e figlio – di aver redatto un altro scritto, Protesta del Popolo Napolitano, Distretto di Sulmona, trovato affisso da due gendarmi sulla porta dell’abitazione del sindaco Panfilo Granata, a porta S. Antonio, la mattina del 15 maggio 1853. Il manifesto, palesemente lesivo della persona del re e del governo borbonico era già apparso all’Aquila nel 1849, ma stavolta l’attenzione degli inquirenti si concentrò sull’ambiente “carbonaro” sulmonese. Scattate le indagini, i poliziotti perquisirono prima la stamperia degli Angeletti, poi la casa del Serafini dove sequestrarono opuscoli, libri e manoscritti che mostrarono «sentimenti perniciosi», «massime avverse alla monarchia», «espressioni empie e sacrileghe», gocce di «veleno del liberalismo». Ad incastrare gli Angeletti e Panfilo Serafini fu, infine, il riscontro positivo tra i caratteri di stampa sequestrati nella tipografia e alcuni opuscoli, in primis la “famigerata” operetta Sulla caduta della Teocrazia romana, rinvenuti in casa del Serafini e nelle abitazioni di amici e conoscenti. Arrestati, finirono tutti e tre sotto processo. Con sentenza pubblicata il 21 marzo 1854, Panfilo Serafini fu condannato «alla pena di anno Venti di ferri, alla malleveria di ducati 200 per dare sicurtà di sua buona condotta per anni tre dopo espiata la pena, all’ammenda di ducati 100, ed alle spese di giudizio»; Ubaldo e Antonio Angeletti, invece, furono condannati a dieci anni di «relegazione per ciascuno» su un’isola, all’ammenda di 50 ducati e alle spese di giudizio, con sentenza emessa il 13 dicembre 1853.