IL DIARIO DI SOLIMO: 12 MARZO 1952, IL CASO BELLENTANI

Fabio Maiorano – Pia Caroselli era nata il 29 gennaio 1916 a Sulmona da una famiglia benestante; educata in un istituto religioso, conosce a 22 anni il conte Lamberto Bellentani, 40 anni, industriale del settore alimentare, un uomo ricco pur se fisicamente poco attraente. Si sposano nel 1938 e dal matrimonio nascono due figlie. Pia sembra una donna appagata ma una sera incontra a una festa Carlo Sacchi, un playboy sposato e padre di tre figlie, che colleziona amanti e avventure galanti. Se ne innamora e con lui ha una lunga relazione, sebbene la contessa fosse consapevole che Carlo non aveva mai smesso di sedurre altre donne. Una di queste, Sandra, moglie separata di un industriale, provoca in Pia un violento moto di gelosia che esplode tragicamente la sera del 15 settembre 1948 a villa d’Este di Cernobbio, durante una sfilata di moda. La giovane contessa è in compagnia del marito e quando vede Carlo Sacchi a fianco della nuova fiamma non regge all’affronto: lo segue nel guardaroba e lo minaccia con la pistola. Carlo Sacchi ride e le dà della “terrona”. Pazza di gelosia e ferita nell’orgoglio, Pia Bellentani preme il grilletto: un solo colpo, dritto al cuore, e Carlo Sacchi si accascia a terra senza vita. I testimoni, accorsi dopo lo sparo, dicono che Pia aveva anche tentato di spararsi ma la pistola si era inceppata. Il processo s’inizia il 4 marzo 1952 nella corte d’Assise di Como. Il caso è senza misteri: l’assassina ha confessato, c’è l’arma del delitto e c’è il movente. Di fronte all’evidenza dei fatti, i difensori giocano la carta della seminfermità mentale. Si convoca un esperto e la sua perizia risulta decisiva: la donna ha un male ereditario che la rende temporaneamente incapace di distinguere le sue azioni, un corto circuito mentale che ne ha alterato la percezione della realtà. La controperizia, chiesta dall’accusa, conferma la diagnosi e il 12 marzo 1952 Pia Bellentani è condannata a 10 anni di reclusione, dei quali tre da passare in un manicomio criminale e tre condonati. In appello, la pena è ridotta di altre tre anni. È rinchiusa nel manicomio criminale di Aversa ma nel 1955, a soli tre anni dall’accaduto, il presidente della Repubblica le concede la grazia e la contessa torna in libertà. Ad attenderla ci sono le due figlie che impediscono qualsiasi contatto a giornalisti e fotografi. Da qual momento, Pia Bellentani vivrà in una località dell’Abruzzo; nell’anonimato più completo, fino al giorno della morte, nel 1980.

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