IL DOTTOR PACE RICORDA IL SUO PRIMARIO: UN NOBILE ARISTOCRATICO APPARTENENTE AL POPOLO INNAMORATO DELLA VITA

Giancarlo proveniva dalla Valsassina, della quale rivendicava con orgoglio l’origine.
“Gente sobria, spicciativa, concreta come sanno esserlo i montanari”.
L’ho conosciuto nel 1981 nell’atrio antistante il blocco operatorio dell’Ospedale di Popoli. Maniche del
camice rivoltate, lunga barba trascurata, un giro di sudore alle ascelle. “Se vuoi fare questo mestiere,
dietro quella porta riuscirai a stancarti”. Conobbi così un infaticabile lavoratore.
Aveva interessi variegati, sostenuti da una vasta cultura: la medicina innanzitutto, la musica, il teatro,
la politica e Karl Popper, i viaggi, dalla Patagonia al mare di Lampedusa, da Manhattan alla neve delle
Alpi. Aveva interesse per il nuovo.
“Cogliere l’attimo ogni giorno” consapevole della finitezza dei giorni: questo il suo messaggio. Un
inguaribile ottimista, fiducioso negli altri, con intenso amore per la vita, per la bellezza, per l’eleganza
raffinata, cultore della Gastronomia ricercata; tutto racchiuso nel suo sorriso.
Era facile essergli amico. Ci siamo raccontati le nostre vite nel viaggetto quotidiano da Sulmona a
Popoli, alternandoci con l’auto, sicché un giorno arrivavamo in Porsche Carrera e l’altro in Fiat 126.
Sottile ironia. Gli piaceva essere mattatore. Aveva il gusto irrinunciabile della battuta sagace, anche
quando era acre, soprattutto doveva essere l’ultima. Amava Carmelo Bene.
È stato uomo di sport, praticandolo. La montagna in ascesa e in discesa, sugli sci o su due ruote, con
gli scarponi e un pezzo di formaggio nella sporta. Aveva il gusto dell’impresa, che riviveva nel racconto.
Dello sport conosceva la tecnica, perché ne aveva la passione. Con gli scacchi liberava la sua
intelligenza, talvolta crudele, ma sempre temperata dal sorriso.
È stato un ottimo medico, completo nel saper fare, con la sua perspicacia diagnostica e la predilezione
per gli studi di nicchia. Il suo messaggio resta il pragmatismo, non prediligendo i roboanti annunci di
successi, che pur ottenne. Accogliente, garbato, generoso con i malati, i familiari, i colleghi. Ha gestito
il reparto con equilibrio, infondendo in tutti sicurezza, coraggio, protezione. Gli dobbiamo molto. Lo
abbiamo molto amato. Ha ingoiato più di un boccone amaro.
Gli eventi imponderabili dell’avversa fortuna hanno rafforzato la sua volontà di resistere e di
combattere. Ha conosciuto come ogni uomo le amarezze della vita, ma senza mai esporsi alla
compassione.
Tenacemente e con dignità ha affrontato la malattia, senza lamento, senza ostentazione del dolore. Si
è affidato. Ci ha creduto. Per un breve tempo ci era riuscito, ebbro di vita ancor più di prima.
Poi l’epilogo. Quando si è raccolto per l’ultimo estremo assalto a quelle maledette plasmacellule, è
stato tradito. Dopo una vita trascorsa a prendersi cura degli altri, di giorno, di notte, nei giorni di festa,
il destino gli ha servito un dono avvelenato.
In solitudine ha capito e si è rannicchiato, aspettando.
Ciò che resta è il suo sorriso, che quasi irride alla morte e ci indica che la via è l’amore per gli altri.
In una parola chi era Giancarlo Cipriani?
Un nobile aristocratico appartenente al popolo, perennemente innamorato della vita, a qualunque
costo.

One thought on “IL DOTTOR PACE RICORDA IL SUO PRIMARIO: UN NOBILE ARISTOCRATICO APPARTENENTE AL POPOLO INNAMORATO DELLA VITA

  • Ma di chi state parlando? Si capisce solo che è morto. Ma chi è il morto?
    Giancarlo chi?

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