“SVE(G)LIAMO IL VELO E LA GIORNATA DELLA FRATELLANZA UMANA

Latifa Benharara  – Lunedi scorso, 1 febbraio, è stata la Giornata Mondiale del Velo, il World Hijab Day, lanciata nel 2013 dall’ attivista socialista Newyorkese Nazma Khan, originaria del Bangladesh. Nazma aveva sperimentato in prima persona la discriminazione che subiscono le donne musulmane in Occidente perché indossano il velo. L’obiettivo della giornata, secondo la fondatrice, è far capire cosa si prova ad indossare il velo e diffondere la consapevolezza che l’hijab non è un segno di oppressione, ma può essere liberamente scelto dalle donne. Lo scopo della giornata è quello di sensibilizzare il mondo alla questione del velo, comprenderne meglio il significato e renderlo un simbolo di pace. Il velo però non è indossato solo dalle donne musulmane, è un copricapo di cui origine si perde nella notte dei tempi e lo possiamo trovare tutt’ora in uso nel mondo ebraico e cristiano. l tichel o anche mitpachat, è un foulard indossato come copricapo dalle donne ebree sposate, nel rispetto del codice della modestia noto come tzniut. Negli scritti di San Paolo, invece troviamo molti riferimenti al valore del velo descritto come “vestimento di devozione a Dio”. Questo significato simbolico si ritrova nell’abbigliamento di suore e monache, donne che si sono consacrate a Dio. L’uso del “fazzoletto” in Italia si è perso negli ultimi cinquant’ anni ma in diversi comuni del nostro paese l’usanza di portare il velo da parte della donne anziane è ancora diffusa. Ma perché si decide di portare il velo? Come e cosa cambia nella vita di una donna? Perché il velo viene spesso strumentalizzato dai media? Cosa pensano della Giornata Mondiale del Velo le donne che lo portano? A rispondere sono state in tante, tra cui alcune sorelle in un interessante incontro interreligioso avuto lunedì con le Suore Serve del Signore. Rosanna ci racconta che porta il velo da 10 anni, l’ha indossato due settimane dopo aver pronunciato la shahada che ha segnato l’inizio del suo cammino nell’ islam: “La mia vita è cambiata totalmente non solo per il velo, ma per l’islam in generale.  Per il velo, all’inizio è stato difficile perché all’improvviso per gli altri non ero più italiana ma araba o immigrata. Non mi aspettavo tanto sgomento e tante domande devo essere sincera non credevo alle mie amiche musulmane quando mi raccontavano di episodi razzisti. È strumentalizzato dai media, ma non tutti per fortuna, perché fa comodo portare avanti una narrazione superficiale e stereotipata che accusa l’altro per sentirsi migliori e purtroppo le donne ci vanno sempre di mezzo. Secondo me bisognerebbe dare meno importanza al velo per renderlo un capo di abbigliamento normale.” Fatima, indossa il velo da quando aveva 16 anni tra alti e bassi, periodi in cui non rispettava o non capiva il suo velo, è stato un percorso pieno di dossi. Cresciuta in un contesto in cui la figura femminile eccellente era rappresentata da una donna velata, che per lei erano un modello. Le ha seguite, però una volta tornata in Italia le si è capovolto il mondo.“Ero una bambina innocente, prima media, non capivo gli sguardi sminuenti, le risate sotto i baffi, le battute, la tendenza ad emarginare, gli episodi di razzismo. Non capivo ancora nulla, nemmeno perché lo portavo quel velo. Cresciuta con un’idea poco chiara, ho attribuito ogni mio problema personale e sociale al velo, l’ho odiato dal profondo del mio cuore. Passa il tempo, e io inizio a informarmi, a leggere, a capire i perché, inizio un mio percorso graduale di conoscenza islamica, inizio ad apprezzare il significato del velo, inizio ad amarlo. È un’adorazione con cui cerco di avvicinarmi ad Allah. Non lo nego, il velo mi ha portato e continua a portarmi varie avventure, e penso che grazie a questi episodi, sono riuscita ad uscire da quella che era la mia comfort zone. Grazie a queste sventure sono la persona forte di oggi. È spesso strumentalizzato perché la società è superficiale e si basa solo sul lato superficiale: l’estetica. Penso che l’idea sul velo che schiavizza la donna e la imprigiona, non cambierà finché inizieremo a vedere tanti esempi di donne forti, velate, famose, leader nella società. Sia in campo artistico, politico, religioso, scientifico, sportivo!” Donatella porta il velo da oltre venti anni per pura scelta e convinzione, lavora nella Pubblica Amministrazione e non ha mai avuto problemi tranne con la sua famiglia: “Una zia che ha finto di non riconoscermi per strada, mia madre mi tagliava con le forbici i veli ed i vestiti, una volta mi ha rovinato una jellabia nuova. Poi insulti ed occhiatine per strada. Ma a me non importa. Non lo toglierei mai. L’ islam ha cambiato la mia vita in meglio, prima ero sempre arrabbiata. Credo che sia una parte importante di me oggi e della mia obbedienza ad Allah anche se ovviamente deve riflettere un mondo interiore. Viene odiato non perché sia simbolo di sottomissione ad esseri umani (il che è completamente falso) ma perché in questa società chi mette Dio sopra ogni cosa viene odiato. Noi musulmani affermiamo che la legge del Creatore è al disopra di quella delle creature e questa è una bestemmia per il mondo moderno. Sanno cosa c è dietro al velo. Una precisazione importante non si deve giudicare chi non lo porta”. Alla porta il velo da quando era in quinta elementare, gli è stato suggerito dai genitori. Era una bambina, che accettò per obbedienza senza capire il reale significato del velo.  “Non ho mai deciso di toglierlo, nonostante mi fossi sentita diversa e a volte venivo emarginata dai miei compagni. La decisione di non toglierlo è stata per vari motivi, il primo è per la mia fede. D’altro lato, il velo non mi ha mai infastidito. Spero che le persone possano imparare ad accettarci e soprattutto a rispettare le scelte altrui e imparare a convivere. Penso che oggi il velo è più una tendenza, va di moda portare il velo, ma inteso come coprire semplicemente i capelli. Indossare il velo ha un significato molto più ampio è un modo di essere, di comportarsi, è uno stile di vita. Il giorno dedicato al velo, alla sua importanza, che venga rispettato, è una bella cosa e va ricordato”.Il dialogo con le sorelle è stato incredibilmente emozionante: “Siamo serve del Signore, indossiamo l’abito blu come missionarie, il beige come segno di umiltà e il velo bianco come segno di purezza. La nostra è una vocazione, seguire la volontà di Dio, la nostra bellezza, la castità, lasciamo tutto a Dio, ci stacchiamo dal mondo per abbandonarci totalmente a Lui. Il Velo è segno di umiltà, umiltà del cuore. Quando una donna decide d’indossare il velo (esistono anche sorelle senza velo) lo fa per vocazione, dedizione, umiltà e per imitare il miglior modello di purezza la Vergine Maria. I capelli di una donna sono parte della loro bellezza e sono sinonimo di vanità per la donna laica, abbandoniamo la vanità e torniamo ad essere umili. San Paolo poi disse che tutte le donne devono coprirsi la testa. La Vergine Maria indossava il velo non solo per purezza di cuore ma perché era parte della sua cultura, noi la imitiamo in tutto, non solo nel suo abbigliamento ma soprattutto nel suo comportamento. Il nostro velo è un simbolo, il nostro abito viene riconosciuto e senza proferire parola diamo testimonianza di un messaggio. Come direbbe San Giovanni Paolo II, l’abito della religiosa è una testimonianza silenziosa, ma eloquente, è segno di consacrazione e di povertà. A volte le persone sanno poco del velo, non ne capiscono il significato profondo, è capitato di ricevere occhiatine di cattivo gusto, battutine fuori luogo da uomini, o donne che invitano a rimuovere il nostro velo. Preghiamo Dio affinché ci aiuti ad essere forti, pazienti e resistere alle tentazioni. La giornata mondiale del velo può essere una cosa buona per conoscere, per spiegare, per capire, per rimuovere la confusione, per evitare discriminazioni.” Diverse storie, donne che sono nel cammino verso Dio, di religioni differenti ma che dietro il loro velo condividono gli stessi valori. C’ è chi ancora lo vede come una privazione della libertà della donna, ci sono ancora uomini che lo impongono alle loro mogli non lasciando loro possibilità di scegliere e c’ è chi dietro il velo vuole farne un business, un giro d’affari di oltre 300 miliardi di dollari. Via l’ignoranza e diamo spazio a rispetto, fratellanza e solidarietà. Oggi 4 febbraio , difatti, Papa Francesco celebrerà la Giornata Internazionale della Fratellanza Umana, un evento virtuale organizzato dallo Sceicco Mohammed Bin Zayed ad Abu Dhabi, con la partecipazione del Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb; in  occasione verrà assegnato il Premio Zayed per la Fratellanza Umana che si ispira al Documento sulla Fratellanza Umana dove vengono riportati impegni e azioni concrete, per promuovere la fraternità, la solidarietà, il rispetto e la comprensione reciproca. 

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