L’UMANITA’ SENZA MEMORIA

Latifa Benharara – ll 1º novembre 2005, durante la 42ª riunione plenaria dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite è stato designato dalla risoluzione 60/7  il Giorno della Memoria.
Una ricorrenza internazionale celebrata il 27 gennaio di ogni anno come giornata per commemorare le vittime dell’Olocausto,
si è stabilito la data in ricordo del 27/01/1945 quando le truppe dell’Armata Rossa, impegnate nella offensiva Vistola-Oder in direzione della Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz. Oggi, 28 gennaio 2021 quanti campi brutalmente simili a quelli di allora esistono nel mondo?
Quante vite sono tenute ingiustamente dietro muri spinati e barriere in condizioni disumane?
Quanti diritti contro l’umanità vengono tutt’ora violati e quanto davvero si stia facendo a riguardo?
Difficile avere una cifra esatta attualmente,ne esistino tantissimi e in tutto il mondo, in Corea del Nord, in Cina, ovunque nel globo, dall’Australia, all’ inferno libico, sino agli Stati Uniti d’America, all’Italia, alla Grecia,Turchia, Iraq, Siria, Paesi dell’Asia Centrale, dell’Eritrea e della Repubblica Centrafricana. Oggi come 75 anni fa, milioni di persone sono private della loro libertà per motivi politici, etnici e religiosi. In Italia ci sono dei “campi di concentramento”. Hanno nomi diversi, Cie e Cpr, ma non sono altro che quello: strutture di detenzione, in cui vengono rinchiusi i richiedenti asilo spesso in condizioni pessime. Sono 45mila i migranti detenuti nei nostri campi, una cifra tra le più alte di tutto l’Occidente. Bambini, adolescenti e donne abbondano nei campi di concentramento in Libia, almeno una ventina solo nei pressi della città di Bani Walid dove gli uomini sono torturati e le donne stuprate.
È li che vengono rinchiusi i migranti dell’Africa subsahariana che sognano una vita dignitosa in Europa. Ci sono campi di concentramento in Turchia, in cui vivono circa 3,6 milioni di rifugiati siriani in totale mancanza di cure mediche e assistenza legale.In Grecia,  al momento a Moria ci sono oltre 15000 persone che vivono in condizioni spaventose e pericolose. Ci sono campi di concentramento anche negli USA, come quello di Clint, nel Texas, a pochi chilometri da El Paso e dal confine col Messico, dove nel 2019 sono stati trattenuti 250 minori non accompagnati in condizioni disumane. Sono circa una ventina i campi di concentramento in Corea del Nord, tra cui 6 kwanliso, in cui i detenuti sono prigionieri politici.
All’interno i prigionieri sono schiavi denutriti che spaccano rocce o trascinano tronchi d’albero dall’alba a tarda sera e dormono in baracche in cui la temperatura raggiunge i meno 20 gradi d’inverno. Che quando muoiono, vengono sepolti nudi, perché la loro unica uniforme serve per vestire il prossimo prigioniero. Nei kwanliso vivono dalle 80mila alle 120mila persone.
Ci sono campi di concentramento anche in Cina e si chiamano Laogai. Nei Laogai vengono detenuti i prigionieri politici,  donne e uomini che hanno la sola colpa di appartenere a minoranze etniche come tibetani, mongoli, uiguri. Nei Laogai i prigionieri lavorano 18 ore al giorno, puniti con la denutrizione e tortura se rallentano l’assurdo ritmo di lavoro.
Numerose testimonianze di condanne a morte ed espianto di organi su persone vive, anche se il governo cinese ha sempre negato le accuse.
Restrizioni straordinarie alle libertà personali per i musulmani uiguri non si limitano ai campi di detenzione: ma a un indottrinamento pervasivo per tutti oltre che ad una sorveglianza costante.
Questa politica di etnocidio o genocidio culturale degli uiguri ha evidenziato la concentrazione nei campi di rieducazione di 3 milioni di persone, su circa 11 milioni di uiguri presenti in Cina, la repressione delle pratiche religiose e culturali uigure e le testimonianze di presunte violazioni dei diritti umani, tra cui sterilizzazione forzata e contraccezione.
Le autorità cinesi hanno utilizzato la tecnologia biometrica per rintracciare le persone nella comunità uigura.Si stima che oggi in Cina ci siano circa 1045 Laogai e vi siano imprigionate circa 8 milioni di persone.Ci sono campi di concentramento in Malaysia e in Bangladesh, dove vivono i Rohingya, un gruppo etnico musulmano cui il governo birmano non ha riconosciuto  la cittadinanza, e che ha successivamente perseguitato. Circa 100mila fra loro vivono ancora a Myanmar, in campi per sfollati, altri 150mila in Malaysia, vengono arrestati come migranti irregolari e spediti in centri di detenzione sovraffollati e malsani, 900mila rifugiati Rohingya, infine, vivono in Bangladesh, a Cox Bazar, nel più grande campo profughi del mondo.
Alcuni di loro provano a scappare in Australia, ma anche lì ci sono campi di concentramento.
Sono le isole di Christmas, Nauru e Manus, in cui vengono ammassati migranti e richiedenti asilo politico.
Di genocidi le pagine insanguinate della storia dell’uomo è piena, oltre alla Shoa degli ebrei. C’è stato lo sterminio degli Aborigeni australiani uno dei più crudeli e dimenticati dalla storia,
gli Indiani del Nord e del Sud America decine di milioni di morti, il genocido dei Catari eseguito dalla Chiesa cattolica nel XIII sec., il genocidio dei Ruanda di qualche anno fa dove milioni di persone sono state uccise a suon di machete solo per differenza etnica. Il genocidio Ucraino di Stalin dove milioni di ucraini sono morti letteralmente di fame.
L’ olocausto nero ove 10 milioni di persone furono deportate e ridotte in schiavitù considerate inferiore agli animali solo perchè di un diverso colore della pelle. Ricordiamo anche quello dei Pol Pot in Cambogia dove persero la vita 3 milioni di persone per ragioni politiche. Oltre alla pessima memoria, l’uomo ancora non ha capito niente e la storia si ripete e si ripetetà.
Ricordare non basta, riflettere basta poco, bisogna trovare il coraggio e la forza di cambiare, l’uomo, noi tutti quindi e forse riuscire a scrivere pagine di tolleranza, amore e rispetto verso il prossimo, una nuova storia dove per nessuna ragione che sia politica, religiosa, economica, culturale si permetta di offendere, recare danno e uccidere l’altro, perchè l’altro in fondo siamo noi.