LA BELLEZZA E’ VERAMENTE NEGLI OCCHI DI CHI CI OSSERVA?

di Alessandro Lavalle
Ci sentiamo quasi costretti oggigiorno a comprare vestiti costosi – più specificatamente vestiti di
marca – quasi come fosse un pregio poterli comprare. Ci vediamo, dunque, propensi a spendere
denaro nella ricerca di qualche nuovo metodo per autoglorificarci; per dare un significato alla spesa
stessa ci crogioliamo nei plausi dei nostri “ammiratori” che, senza riguardo verso le nostre
intenzioni, troveranno sempre un modo per annullare questo nostro sforzo: che sia per invidia o per
semplice divertimento nel vedere il prossimo insoddisfatto.
Il marchio non sempre significa qualità superiore, a volte ci possiamo ritrovare con prodotti
qualitativamente uguali che vengono diversificati solo per la presenza di un simbolo che non ha
alcun valore se non quello intrinseco del nome; definire il “brand” come “il simbolo del
consumismo” significherebbe estendere a tutta l’umanità questa tendenza, ma voglio isolarla al
mondo che più colpisce, ovvero quello dell’adolescenza.
Avere prodotti di marca è divenuto status quo alla mia età, un fattore determinante (strano a dirlo)
per la crescita sociale dell’adolescente: la marca è divenuta un tassello fondamentale nelle nostre
vita a tal punto che non solo influenza le nostre scelte di acquisto, ma persino quelle di amicizia.
Tendiamo a guardare di buon occhio chi possiede certi oggetti o certi vestiti e viceversa; trattasi
questo comportamento, seppur applicato da una parte degli adolescenti, è deleterio circa la
possibilità di ampliare le proprie conoscenze e, non ci sarebbe bisogno di dirlo, è fonte di pregiudizi
ed incomprensioni.
Proprio per questo motivo servirebbe, alla mia generazione, una decisa rivalutazione delle priorità;
è vitale sapere su chi puoi contare: che siano amici, colleghi o conoscenti ci serve un metro di
valutazione che vada oltre le mere apparenze, un metro che ci permetta di circondarci delle persone
giuste, persone che noi valutiamo per chi sono, e non per come ci compaiono. Questo vecchio
dilemma de “Anche l’occhio vuole la sua parte” e “Non si giudica mai un libro dalla copertina” è
particolarmente astruso da sbrogliare: saper guardare oltre richiede non solo pazienza, ma anche una
certa predisposizione. Iniziare dal rivalutare il nostro modo di vestire risulta un ottimo inizio;
sarebbe davvero una svolta per mia generazione, una svolta che sposterebbe il nostro sguardo dalla
superficialità dell’apparenza all’importanza dell’essenza.

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