GIOACCHINO MURAT, COME UN PACCO POSTALE

di LUIGI Liberatore
Il paese è
incantevole, addirittura dolce, grazie ad una felice collocazione geografica che abbraccia asperità di montagna e distese vallive attraverso cui serpeggia mansueto il fiume Sangro. Tanti agglomerati sparsi ed un nucleo centrale abitati da gente mite ma fiera, soprattutto ospitale. Divenne Comune autonomo nel 1811 per mano del generale Gioacchino Murat cui deve anche la palindromia: Ateleta, appunto, cioè senza imposte sempre per volontà del francese che per favorire l’insediamento affrancò gli abitanti dalla “fondiaria”. A rompere il placido scorrere del tempo in questo lembo estremo d’Abruzzo è stato proprio lui, il fondatore, Gioacchino Murat. Non perché sia resuscitato, intendiamoci, piuttosto per la iniziativa dell’amministrazione comunale, da poco eletta, che ha deciso di spostare la statua del padre fondatore. Apriti cielo! Sui social si è scatenato l’immancabile putiferio;meglio, fluisce su quei canali il fiore della eleganza letterario-sintattico-grammaticale per censurare la decisione del Consiglio comunale. A dire il vero si è levata qualche seppur flebile voce di assenso, tuttavia sommersa dal turbinio delle reazioni all’ipotizzato reato di lesa maestà. Il sindaco di Ateleta, Marco Passalacqua, fresco di carica ma nerboruto giovane rispettoso delle regole, ha spiegato con parole quiete e sensate il motivo dello spostamento (qualche metro rispetto alla originaria collocazione), con argomentazioni sufficienti per capire che in quella maniera si raggiunge anche per effetti prospettici e cromatici una migliore visibilità della statua nella stessa piazza. Un “No” è venuto persino da chi ha parlato di “violazione genetica”, mettendo in campo (non sapendo) Watson e Crick scopritori del DNA. Bene, a modesto avviso di chi scrive, è inutile tirare la giacca a Murat, volendolo di qua o di là, o rimettendolo al suo posto. La deliberazione del Consiglio comunale di Ateleta, perché in tal senso l’assise civica si è pronunciata, è legittima ma soprattutto risponde a una valutazione logistica migliorativa. Una parola però vorrei spendere per Gioacchino Murat, nella speranza che sia utile a riportare tranquillità nei rapporti tra sindaco e abitanti. Quel generale, valoroso e soprattutto di eleganti fattezze, dai riccioli fluenti, ebbe a sopportare un affronto etico ed estetico alla fine dei suoi giorni: fu catturato da un capitano dal cognome beffardo: Trentacapilli. Presumiamo pelato! Evitiamo code aggiuntive… Almeno noi!