ATTI SESSUALI SULLA FIGLIA DELL’EX CONVIVENTE, SEI ANNI E OTTO MESI AD UN INSOSPETTABILE DI PRATOLA
Sei anni e otto mesi di reclusione ed una provvisionale di 50mila euro per l’allora minorenne e 15mila euro per la madre. Questa ĆØ la dura sentenza di condanna pronunciata nella tarda mattina dal giudice del Tribunale di Sulmona, Daniele Sodani. Protagonista di una vicenda giudiziaria che ha fatto discutere negli ultimi mesi ĆØ un insospettabile 58enne di Pratola Peligna, accusato di aver compiuto atti sessuali con la figlia minorenne della sua convivente. Una brutta storia che si sarebbe verificataĀ dal 2009 al 2015 allāinterno della casa di una famiglia per bene. La vittima ĆØ una giovane ragazza, oggi maggiorenne, che allāepoca dei fatti non aveva compiuto nemmeno dieci anni. Facendo riferimento al capo di imputazione, lāuomo avrebbe approfittato della ragazza nei momenti in cui rimaneva in casa solo con lei. La prima volta in cui ci sarebbero stati atti sessuali, sempre secondo le accuse, la piccola non aveva ancora 10 anni. Una storia che sarebbe andata avanti fino al compimento dei 16 anni. In questo periodo lāuomo avrebbe mostrato alla minore materiale pornografico e oggetti per lāautoerotismo per indurla a compiere e a subire atti sessuali. Anche questi fatti sarebbero avvenuti in più occasioni, dal 2009 al 2013. La ragazza si sarebbe decisa a raccontare tutto una volta finita la storia tra il suo patrigno e la madre dando via allāinchiesta portata avanti dal sostituto procuratore, Stefano Iafolla, e culminata con il rito abbreviato che si ĆØ concluso oggi. “E’ una sentenza giusta che riconosce doverosamente la fondatezza delle accuse basate sulle dichiarazioni della persona offesa nonchĆ© su una serie significativa di riscontri provenienti anche dallo stesso imputato” ha commentato l’avvocato di parte civile Luca Tirabassi, subito dopo la sentenza.
PerchĆ© usate il condizionale e non scrivere il nome? Ć stato condannato. Aspettate l’appello o perchĆ© ĆØ insospettabile?
Deontologia professionale vuole che in questi casi non venga riportato il nome del condannato per evitare che si possa risalire all’identitĆ della minore e della madre che sono le vere vittime di questa brutta storia. L’uso del condizionale ĆØ dovuto al fatto che l’uomo potrebbe essere assolto in sede di Appello o in Cassazione. Soprattutto in questi casi delicati nei quali si va ad intaccare la sfera sessuale delle persone.