IL DIARIO DI SOLIMO: 29 OTTOBRE 1859, INTERESSE PUBBLICO E VANTAGGI AL BARONE

di Fabio Maiorano
A quei tempi gli amministratori, al pari dei cittadini, non si preoccupavano di conservare antichità e monumenti, spesso addirittura maltrattati o abbandonati al proprio destino, talvolta piegati anche alle esigenze pubbliche o di privati, come hanno testimoniato per secoli le abitazioni erette sull’acquedotto svevo o come ancor’oggi ci racconta la quattrocentesca fontana del Vecchio, in parte inglobata in un edificio: l’incredibile storia ebbe inizio il 29 ottobre 1859, quando il Consiglio Comunale – sindaco Giovanni Spada – autorizzò il barone Domenico Tabassi a costruire una palazzina a ridosso della monumentale fontana fatta erigere nel 1474 dal governatore Polidoro Tiberti da Cesena. In cambio dell’acqua corrente… in casa, il barone Tabassi avrebbe garantito alla collettività indicibili vantaggi perché, come recita la delibera, non solo «quel palazzino ha bel disegno e carino di fregi esternamente, da ricreare la vista sia dei cittadini, che dei passeggeri» (sic) per quanto si sarebbe accollato sia le spese degli accomodi alla fontana, il cui scarico creava in quell’area pozzanghere e fango (sic), sia l’onere della manutenzione del muro di pertinenza comunale (sic). Di contro, per garantire i diritti del Comune, il barone Tabassi s’impegnò a sottoscrivere un’obbliganza con la quale «avrebbe dovuto demolire a proprie spese il fatto e rimettere al pristino» in caso di necessità imponente, valutata dall’Amministrazione ad nutum, cioè senza che l’altra parte avrebbe potuto opporsi; in ultimo, a perpetua testimonianza della concessione accordata, si sarebbe murata in loco una piccola targa con quest’iscrizione:«D.O.M. Ad perpetuam rei memoriam Annuente Civitatis Universitatis – N. N. ornare cura-
vit – A. D. 1859». Della lapide non v’è traccia, mentre oltremodo “misteriosi” appaiono anche i “vantaggi” che i sulmonesi avrebbero dovuto trarre da tutta questa vicenda. Fermo restando che in ogni momento il Comune potrebbe far valere i suoi diritti ordinando la demolizione della palazzina, ovviamente
ad nutum.