CENTRALE SNAM, IL CONSIGLIO DI STATO BOCCIA IL RICORSO DEI COMUNI PELIGNI
Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso presentato dai Comuni di Sulmona, Anversa degli Abruzzi, Pacentro, Pettorano, Pratola Peligna e Raiano contro l’autorizzazione concessa dal governo per la costruzione della centrale Snam in località Case Pente. Il ricorso dei Comuni peligni era fondato sul bilanciamento fra diritto alla vita e alla salubrità dell’ambiente rispetto ad interessi economici, la cui strategicità peraltro è divenuta dubbia. I Comuni ricorrenti avevano sostenuto che dopo quasi vent’anni dall’avvio del progetto appare incredibile che non si mettano in discussione i presupposti quando ormai è acclarato che l’attuale capacità sarà più che in grado di soddisfare i fabbisogni di gas metano in uno scenario che ne vede una riduzione dei consumi a favore di fonti alternative.
“bilanciamento fra diritto alla vita e alla salubrità dell’ambiente rispetto ad interessi economici, la cui strategicità peraltro è divenuta dubbia”: non so dove abbiano copiato questa frase, ma è del tutto priva di fondamento, fuorviante e tendente ad ingenerare in chi la legge l’impressione di trovarsi di fronte ad una banda di criminali! Ci sono altre 11 (undici) centrali di compressione in Italia e questa che sarà realizzata a Sulmona sarà comunque la più moderna tecnologicamente ed in termini di sicurezza ambientale e, soprattutto, nessun rischio alla vita come falsamente paventato da qualcuno. In quanto alla strategicità, basterebbe tener presente che oggi, 14 luglio 2020, metà dell’energia elettrica che consumiamo in Italia è prodotta con gas metano: e che occorre togliere di mezzo tantissimo carbone, gli oli combustibili pesanti (gasolio in primis), fare a meno dell’energia nucleare che importiamo dall’estero, potenziare al massimo le energie rinnovabili, tuttora purtroppo insufficienti (quella idroelettrica non può garantire una stabilità produttiva perché legata al clima). Allora? Fino a quando non sarà possibile colmare il deficit energetico con fonti rinnovabili e pulite, il metano avrà una funzione di garantire un periodo di transizione durante il quale sostituire del tutto gli altri combustibili più inquinanti: la “decarbonizzazione” è anche questa.
Il sig. Di Nino parla come se fosse un ex dipendente della Snam. In Italia esistono già 13 centrali di compressione. La rete nazionale gasdotti copre tutta l’Italia. Tutte le Regioni sono metanizzate, tranne la Sardegna che comunque fa uso del Gpl. Non c’è bisogno quindi di nuove infrastrutture del gas, né di centrali né di metanodotti né di altri stoccaggi. Quelle esistenti sono già eccessive rispetto ai consumi interni che nei prossimi anni scenderanno sempre di più. Secondo il Piano nazionale energia e clima (pniec) presentato ufficialmente dal governo italiano all’Unione Europea nel dicembre scorso i consumi di gas, in Italia, non supereranno i 60 miliardi di metri cubi nel 2030. Oggi siamo a 75 miliardi. La centrale di compressione di Sulmona, oltre a produrre un forte impatto negativo sull’ambiente (l’area è all’ingresso del Parco nazionale della Maiella ed è dimostrato scientificamente che è frequentata dall’orso bruno marsicano, specie protetta ad altissimo rischio di estinzione), metterà a rischio la nostra sicurezza e peggiorerà la qualità dell’aria nella Valle Peligna e quindi la nostra salute. I 190 milioni di euro preventivati per la centrale e i 1406 milioni per il nuovo gasdotto da Sulmona a Minerbio, in un momento di grave crisi economica come l’attuale, sono un inammissibile sperpero di denaro che sarà pagato dai cittadini attraverso la bolletta energetica. A tutto vantaggio del PdA (Partito degli Affari). Nessun collegamento tra metanodotti e rischio sismico? Allora come si spiega che i metanodotti esplodono anche a causa di semplici smottamenti di terreno, come è avvenuto il 6 marzo 2015 a Mutignano di Pineto (TE) dove per puro caso non si è verificata una strage? Per quanto riguarda la decarbonizzazione, cioè il passaggio delle centrali termoelettriche dal carbone al gas, questa è una giustificazione pressochè inconsistente perché è previsto che il consumo di gas per tale scopo avrà un recupero minimo, non più di 3 miliardi di metri cubi l’anno e solo per alcuni anni. Siamo comunque lontanissimi dal picco di consumi avutosi nel 2005 quando si sono quasi raggiunti gli 87 miliardi di metri cubi. Tutte le previsioni ci dicono che non si tornerà più a quei livelli. Il futuro non è nel gas ma nelle energie pulite e rinnovabili. Questi sono fatti. I “ preconcetti e le affermazioni che non hanno alcun fondamento” li lasciamo al sig. Di Nino.