RISTORATRICE DI PETTORANO:SE LA GENTE PUÒ TORNARE A MUOVERSI NOI VOGLIAMO RIAPRIRE
“Noi della provincia de l’Aquila abbiamo avuto nelle scorse ore zero contagi. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte non puo’ trattarci allo stesso modo di una provincia dove ci sono ancora tanti contagi. Noi ristoratori viviamo di gratificazioni date dal cliente che ti dice che è stato bene nel tuo locale, che ha mangiato bene e che sei stato in grado di servirlo e di coccolarlo. Noi di questo viviamo, non di guadagni. Andare in perdita è dura. Noi vogliamo riaprire. Io dico sì agli igienizzatori ma no a tutte le restanti richieste che ci vengono fatte. Se la gente puo’ tornare a muoversi, non vedo perché non possa tornare in un ristorante”. Pochi giorni al 4 maggio e scatterà in tutta Italia la cosiddetta ‘fase due’ della gestione dell’emergenza Coronavirus. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte domenica scorsa ha annunciato i provvedimenti principali del DPCM che avrà valore dall’inizio della prossima settimana, con il termine del ‘lockdown’ delle persone, che potranno finalmente uscire da casa, seppur dotate di mascherine, e con molte attività che riavvieranno piano piano i propri motori. Fra gli ultimi comparti che riapriranno i ‘battenti’ c’è tutto il settore enogastronico, alberghiero e del turismo, che ha subito un durissimo colpo economico in quasi due mesi di chiusura totale. Dovrà attendere ad esempio il prossimo 1 giugno per accogliere nuovamente i clienti nel suo ristorante Milena Ciccolella, cuoca e proprietaria del ristorante ‘Il Torchio’ a Pettorano sul Gizio (L’Aquila).
Quali sono stati i primi provvedimenti che avete deciso di prendere nel periodo iniziale di chiusura del vostro locale?
“Una delle prime cose che abbiamo provveduto a fare è stato provare a bloccare le utenze. Abbiamo contattato il proprietario dell’immobile, visto che paghiamo l’affitto, per una eventuale riduzione della locazione dell’immobile; bloccato, dove si poteva, assicurazioni e tutto quello che potevamo bloccare. Non sempre abbiamo ricevuto risposte positive perché in alcuni casi proprio non ci è stato risposto, in altre circostanze abbiamo sollecitato a sospendere le bollette ma non ci è stato concesso. ma semplicemente ci è stato modo di rateizzare, sostenendo che bastava fare l’auto-lettura. Per quanto riguarda la linea telefonica, non essendoci nessuno in azienda, abbiamo chiesto di sospendere il servizio non avendo bisogno né di chiamare, né di ricevere, ma non ci è stato concesso neanche di bloccare la linea wi-fi e dunque le grandi aziende di comunicazioni a cui ci affidiamo non ci sono venute incontro. Abbiamo anche dei prestiti aperti, fatti con delle finanziarie: noi abbiamo chiesto la sospensione della rata ma mi è stato detto che non facendo parte della ‘zona rossa’ all’interno della ‘zona rossa’ che in realtà è tutta l’Italia, avrei dovuto pagare l’interesse sulla sospensione della rata”.
Che sensazioni le hanno attraversato durante questi quasi due mesi di chiusura forzata del vostro ristorante?
“Abbiamo avuto grande ansia ed agitazione perché i primi giorni li abbiamo passati a chiudere queste utenze, buttando poi anche gran parte del cibo che avevamo da parte, e dunque a svuotare le nostre cucine, facendo pulizie approfondite sapendo che non avremmo riaperto a breve. Poi come detto solo ansia perché vivo un giorno in funzione di quello successivo, senza sapere quello che accadra’ e quello che verra’ deciso, alla merce’ di una serie di sciocchezze che circolano in tv e sul web, ma nulla è fondato, quindi vanno solo ad aumentare lo stato di tensione di noi commercianti. Ho cercato di sfruttare questo tempo per imparare a reinventarmi. Ci metto tutta la volontà a farlo, sono un ristorante che fa servizio a tavola, che fa cucina tipica, e la soluzione ad oggi sembra quella di diventare piu’ moderni e quindi di fare il ‘take away’ o il ‘delivery’, con tanto di difficoltà perché se uno non puo’ uscire, non c’è comunicazione fra le persone. La pubblicità per un ristorante si fa con il passaparola ma in questo momento è difficile farlo”
Il ristorante ‘Il Torchio’ a Pettorano già dallo scorso week-end ha appunto deciso di far partire i propri servizi da ‘asporto’ e ‘delivery’. Perché iniziare a farlo fin da subito?
“Abbiamo deciso di iniziare a fare questa modalità di ristorazione, e quando ci stavamo organizzando per darle il via, è stata approvata l’ordinanza del presidente di regione Marsilio che sdoganava la modalità asporto per la regione Abruzzo. Questo un po’ mi ha aperto il cuore perché ero già organizzata e quindi non era una novità assoluta a cui mi sarei dovuta andare ad adattare visto che mi ero impegnata ad aggiornarmi su questa attività, ma mi rendo conto che fare ‘delivery’ e fare ‘asporto’, in un periodo in cui noi siamo costretti a casa, e’ difficile, specie perché il nostro ristorante ha un rapporto informale con il cliente e rispetto: si cerca anche di interloquire con lui e di instaurare un rapporto confidenziale, in qualche modo. Cio’ nonostante siamo riusciti a creare un modo per arrivare nelle case delle persone”.
Sta parlando delle dirette sulla pagina Facebook de ‘Il Torchio’ iniziate sabato scorso?
“Si, esattamente. Abbiamo fatto vedere come preparavamo uno dei nostri piatti piu’ importanti, la Polenta rognosa di Pettorano. In questo modo siamo riusciti nuovamente a sentire il calore dei nostri clienti che ci hanno incoraggiato, sostenuto e hanno seguito la nostra diretta per piu’ di un’ora e mezzo, e quindi sono molto contenta di questo risultato. Le difficoltà principali derivano dal fatto che l’italiano medio mangia alle 13 a pranzo, e alle 20 a cena, e si crea dunque un problema di puntualita’ visto che l’obiettivo è quello di consegnare i pasti i piu’ caldi possibili tutti nello stesso orario mantenendo la catena del caldo per gli alimenti. Non sempre hai i clienti vicino alla tua attivita’ ma possono essere anche a 10 km di distanza dalla struttura. Penso che siamo stati uno dei primi a far partire il servizio ‘delivery’ nella Valle Peligna per cio’ che riguarda la ristorazione e mi sono dovuta scontrare con metodi di pagamento on line, e-commerce, tutte cose nuove per noi. In tutto questo comunque siamo riusciti a sentire sia noi il calore di chi ci ha scelto, che loro hanno sentito il nostro. Abbiamo infatti ricevuto molti messaggi di ringraziamento”
Una delle decisioni annunciate dal governo Conte è che i ristoranti potranno riaprire solo il prossimo 1 giugno: voi chiedete di riaprire prima visto che per la nuova collocazione dei tavoli e per la sanificazione del vostro locale vi siete già organizzati o è giusto rimandare fino a quando non avrete dalle istituzioni garanzie economiche sul futuro?
“Se continuiamo così, ovvero con solo l’attività di delivery ed asporto, dico che l’attività non si puo’ reggere e non ce la fa a garantire le spese e i posti di lavoro. C’è la necessità di riaprire la struttura perché con le modalità che svolgiamo oggi il cliente si limita ad ordinare il primo o il secondo, mentre quando è al ristorante ordina l’acqua, il vino e alcune volte anche il dolce e c’è un continuo scambiarsi di consigli ed opinioni fra il cameriere ed il cliente. Manca oggi una comunicazione e quindi si vende molto meno. I ristoranti vogliono riaprire anche perché noi abbiamo già un piano di sanificazione e tutta la normativa HACCP che ci impone delle rigide misure di sanificazione degli ambienti. Le soluzioni che vengono avanzate per la riapertura di ristoranti come il nostro a mio avviso non sono attuabili: ad esempio non è fattibile che un cameriere possa servire con la mascherina oppure la misurazione della temperatura ad ogni singolo cliente. Noi abbiamo già in mente tante altre soluzioni e alternative per garantire comunque che si eviti il contagio nel nostro locale: ad esempio coprire le pietanze servite con una cloche, utilizzando il carrello come prevedeva il galateo oppure utilizzando una consolle ed invitando il cliente a ritirare le porte ordinate autonomamente come già avviene nel resto d’Europa
Cosa le da’ fastidio in particolare degli ultimi provvedimenti presi dal governo?
“Noi siamo ancora chiusi in casa, quando usciamo dobbiamo usare le mascherine, non possiamo fare spesa la liberamente, non possiamo riabbracciare i nostri cari o andare al bar e al ristorante. Io tutto questo non lo capisco. Non possiamo essere trattati tutti allo stesso modo su scala nazionale”.
Il ristorante ‘Il Torchio’ aderira’ nelle prossime ore alla doppia iniziativa dell’evento ‘Risorgiamo Italia’ organizzata da tante attività del mondo enogastronomico, dei ristoranti, bar, alberghi e strutture dedicate al turismo. Cosa chiedete con tale forma di protesta?
“Con questo evento speriamo di poter riaprire prima le nostre attività perché noi non vogliamo che ci vengano regalati i soldi. Noi siamo abituati a guadagnarceli. Noi vogliamo ricominciare a lavorare. Con la riconsegna delle chiavi delle nostre attività ai sindaci dei nostri Comuni vogliamo far sì che il governo si accorga di noi perché non sono i 600 euro dateci dall’Inps che ci fanno vivere. Ci sono stati dati 600 euro a titolo personale. Io mi chiedo: perché ci sono stati dati a titolo personale se la nostra azienda nel frattempo sta andando verso il fallimento? Quei seicento euro come sono entrati nelle nostre tasche le abbiamo riversate sulle nostre attivita’. Vogliamo aiuti concreti e a lungo termine, non la sospensione di tasse e pagamenti ma il loro annullamento definitivo. Se non saranno presi i provvedimenti che chiediamo, il settore morirà”.