I FAMILIARI DELL’INFERMIERA CONTAGIATA DENUNCIANO LA SAN RAFFAELE

Finisce sul tavolo della Procura della Repubblica la vicenda della Casa di Cura S.Raffaele. I parenti di un’infermiera in servizio nella clinica hanno presentato questa mattina esposto-denuncia sul fatto che la donna sia stata colpita da coronavirus il 20 marzo scorso, quando ha avvertito i primi sintomi della malattia. Quattro giorni dopo il test ha rivelato che la donna era positiva al virus ed ĆØ stata subito trasferitaĀ nel reparto di malattie infettive dell’ospedale di Avezzano dove tuttora ĆØ ricoverata. Negli stessi giorni anche i genitori dell’infermieraĀ hanno accusato i primi sintomi tipici dellā€™affezione da Covid 19 e sottoposti a tampone sono stati trasferiti nel reparto di malattie infettive dellā€™ospedale dellā€™Aquila. Nell’esposto si afferma che ricostruendo gli spostamenti delle persone colpite dal virus sarebbe emersoĀ come lā€™unica potenziale causa di contagio sia da rinvenire nellā€™ambiente di lavoro dell’infermiera, tenuto conto del fatto che dagli inizi di marzo i genitori della donna non erano mai usciti di casa e l’unico luogo frequentato dalla donna ĆØ stato quello di lavoro., dove era ricoverata una paziente proveniente da una clinica di Bergamo.. Stando all’esposto molto probabilmente tale circostanza avrebbe determinato lā€™esposizione dell’infermiera ad un rischio assai elevato “non ponderato ed assunto in spregio a tutte le misure prescrittive che attengono alla sicurezza sul lavoro ma anche a quelle emanate dai vari decreti resi nel periodo interessato a presidio della salute dellā€™operatore sanitario”. Nell’esposto si rileva che giĆ  dal 25 febbraio gran parte della Lombardia era stata dichiarata “zona rossa” con decreto del governo, il giorno 8 marzo tutta la regione era dichiarata zona rossa e il 9 marzo l’intero territorio nazionale. Per questo era vietato lo spostamento di persone sul territorio nazionale, salvo motivi di lavoro, rientro nella residenza e motivi insopprimibili di salute. Secondo i firmatari dell’esposto non sarebbero ricorsi motivi di salute per il trasferimento della donna dalla Lombardia alla casa di cura sulmonese,svolgendo solo attivitĆ  di recupero e riabilitazione ancor di piĆ¹ perchĆ© la paziente presentava tutti i tipici sintomi del coronavirus. Agli operatori sanitari, secondo l’esposto, la Casa di cura non avrebbe fornito informazioni sul fatto che la paziente era a rischio infettivo. NĆØ la casa di cura avrebbe adottato tutte le precauzioni per evitare che i dipendenti potessero rimanere contagiati dal virus. Solo successivamente, dopo che ĆØ scoppiato il caso in tutta Italia, la casa di cura si ĆØ preoccupata di isolare la donna, che perĆ² ha sempre mantenuto rapporti quotidiani con il personale dell’unitĆ  spinale. Inoltre la S.Raffaele non avrebbe segnalato la problematica ad Asl, Regione e Comune di Sulmona. Peraltro, sempre i responsabili della clinica, a detta dei denuncianti, non avrebbero fornito informazioni su quello che stava accadendo nemmeno al sindaco Annamaria Casini che li aveva richiesti. Con la denuncia gli avvocati Alessandro Margiotta e Armando Valeri, che assistono i familiari dell’infermiera contagiata, hanno chiesto il sequestro della cartella clinica della paziente teramana, passata per la clinica bergamasca dove avrebbe contratto il virus.

 

 

 

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