MASCHERINE CUCITE CON IL CUORE

Fatte in casa. Non aveva mai preso in mano ago e filo, se non per cucire forse un bottone, che in situazioni di emergenza può capitare anche ai meno abili. Ma quando l’emergenza diventa più seria di un doppiopetto scombinato, si tirano fuori ingegno e creatività tali da dare linfa vitale alla solidarietà, stando chiusi in casa. E così il signor Mario Di Menna, pensionato sulmonese che di sartoria proprio non ne sapeva nulla, a quasi ottant’anni ha messo da parte la sua lunga esperienza professionale nell’amministrazione penitenziaria, per cucire mascherine, che in tempi di “guerra”, certificate o meno, idonee o no, vanno via come il pane. Utilizzabili una sola volta, lavabili, non professionali. Ma, come dire, meglio di niente. Da qualche giorno cuce il signor Mario. Cuce senza sosta, con entusiasmo e voglia di aiutare gli altri. Prima una piccola scorta in stoffa colorata a doppio strato, poi 10, 20 mascherine e in cantiere altre 30, con tanto di taschino per eventuali filtri, alleviando le difficoltà di sua figlia, ostetrica nell’ospedale aquilano, e di colleghe e amici, tutti a caccia quotidianamente di uno schermo di protezione dal contagio, in una situazione davvero difficile, in questo maledetto periodo di grave emergenza nazionale, anzi mondiale. Un nobile gesto, fatto con il cuore, per infondere coraggio a chi sta in prima linea e per contribuire ad aiutare chi ne ha bisogno, come ha spiegato il signor Mario, con la sua voce pacata, ma carica di voglia di fare. Chiuso in casa, come tutti. “Se le sono litigate e ho capito che era diventato un bene prezioso perché introvabile”. Ed è una catena ormai. Il signor Mario ha alimentato una catena di solidarietà. Come lui, infatti, anche la signora Rosanna Bonci, una delle storiche sarte del Sestiere di Porta Manaresca,  ha messo a servizio della stessa causa le sue mani di fata, cucendo 41 mascherine in meno di 24 ore. E’ l’Italia che piace questa, è la Sulmona che conosciamo e riconosciamo: quella della solidarietà, passata alla storia nella “resistenza umanitaria”, che dovrebbe continuare ad essere filo conduttore indissolubile tra gli abitanti di questa città. Soprattutto oggi.