MORTE DEL GIOVANE PASTORE AFRICANO, PARLA IL DATORE DI LAVORO
Si dichiara esente da ogni responsabilità e respinge, con forza, gli addebiti che gli sono stati mossi, in merito ai quali continuerà a fornire tutti i chiarimenti che saranno necessari per i fini della giustizia. Massimo Di Girolamo, datore di lavoro di OUSMANE KOUROUMA, il pastore africano morto il 23 novembre scorso a causa delle esalazioni di monossido di carbonio sprigionate dal braciere acceso per riscaldarsi nella stanza dove dormiva, esce dal silenzio e attraverso i suoi legali, gli avvocati Alessandra Faiella e Alessandro Margiotta racconta la sua verità. “Prima come uomo, poi come imprenditore e datore di lavoro sempre rispettoso delle regole, ritengo doveroso chiarire quanto segue”, scrive Di Girolamo, “Ousmane Kourouma era regolarmente assunto e retribuito, e, in concreto, svolgeva mansioni compatibili con il contratto e per l’orario indicato in contratto. Ad Ousmane Kourouma, inoltre, era continuativamente assicurato il vitto, peraltro un vitto compatibile con le sue convinzioni religiose, nonché l’utilizzo, gratuito, di un telefonino per tenersi in contatto con amici e parenti; ed era infine garantita, ad Ousmane Kourouma, sempre gratuitamente, ogni altra cosa che potesse occorrergli durante la permanenza sui luoghi di lavoro o nel tempo libero”.

Secondo l’imprenditore sulmonese la struttura presso la quale lavorava Ousmane Kourouma era regolarmente assicurata ed i luoghi di lavoro erano organizzati nel rispetto delle norme vigenti in materia di sicurezza. “Le stanze ubicate presso l’azienda erano dotate di ogni utenza, quindi di impianto idrico e termico elettrico, di bagno e di cucina a gas”, prosegue Di Girolamo, “Il contratto di lavoro non prevedeva l’obbligo del datore di lavoro di fornire alloggio al lavoratore, tuttavia i predetti locali erano comunque a disposizione del lavoratore stesso in caso di necessità d’uso, anche durante l’orario di lavoro”. “Il rapporto con Ousmane Kourouma era improntato a sincera reciproca fiducia, nel rispetto dei ruoli e delle funzioni del datore di lavoro e del lavoratore.

Pertanto, non corrisponde al vero che Ousmane Kourouma è stato vittima di sfruttamento – conclude l’allevatore – o che è stato addirittura ridotto in schiavitù come è stato affermato troppo superficialmente da più parti, anche istituzionali, senza considerare che nello Stato di diritto, il nostro, vige il principio della presunzione di innocenza e che i processi, di norma, si celebrano dentro i Tribunali, nel rispetto delle regole e degli uomini, e non sulle piazze, reali o virtuali che siano.
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