COME SALVARE LE LIBRERIE E… LA LETTURA

Riceviamo e pubblichiamo:     

Una libreria sta chiudendo a Sulmona. Si tratta di “Punto e a capo”, aperta da Jacopo Lupi, in pieno centro storico, appena cinque anni fa. Il giovane libraio, nel suo sfogo su Facebook, afferma: «Non vi racconterò la storia del libraio che si è battuto contro il caro affitti della città, contro il dramma della partita iva in Italia, delle tasse, delle persone che non leggono più, di internet e di Amazon che ammazza il mercato. Sono solo scuse che di solito si racconta chi non vuole prendersi le proprie responsabilità». Eppure è una storia che racconta, o a cui almeno fa cenno. E sulle pressioni fiscali che piccole e medie imprese sono costrette a subire non si può non concordare con lui. Servirà a qualcosa la proposta di legge (approvata alla Camera e in attesa di essere discussa in Senato), presentata dall’On. Flavia Piccoli Nardelli, che prevede incentivi ed agevolazioni per librerie ed editori? Il provvedimento stabilisce una serie di attività mirate alla «diffusione dell’abitudine alla lettura» e alla «valorizzazione delle buone pratiche di promozione della lettura». Ma a diffondere questa “abitudine” e a promuoverla mediante “buone pratiche” non è preposta la scuola? Non più, sembra. I ragazzini devono limitarsi ad acquistare una decina di libri per ogni materia, dove si affrontano programmi che non saranno mai seguiti interamente e con un livello di approfondimento che si limita al semplice nozionismo. Almeno le tasche delle librerie scolastiche, e delle case editrici che le riforniscono, potranno dirsi serene. Quale destino, allora, per le altre librerie? E, soprattutto, per le librerie che cercano di resistere nei piccoli centri come, appunto, Sulmona? La cronaca ci dice che anche i comuni più grandi e maggiormente ricchi di turismo hanno uguali difficoltà: il 24 dicembre 2018, a Orvieto, la storica “Libreria dei sette” ha dovuto chiudere dopo quasi cent’anni di attività; stessa sorte, il 5 ottobre scorso, per la veronese “Ghelfi & Barbato” (anticamente “Libreria Grosso”), anch’essa vicino al secolo di età. Indubbiamente, la concorrenza dei negozi online – Amazon su tutti – non è facile da sostenere. Lo slogan “basta un click” ormai ha invaso la nostra capacità di interagire con la realtà: se siamo arrivati a credere che qualche “like” ricevuto dalla persona giusta, su Facebook o su Instagram, migliori la nostra vita sociale, perché risulta strano che si acquistino libri su internet?… Quest’ultima eventualità mi sembra la meno preoccupante; la prima, infatti, sta rovinando la percezione che i giovani hanno del mondo circostante e degli stessi rapporti interpersonali. Ma lasciamo perdere ogni intento di indagine sociologica.. Oggi alle librerie non basta più “vendere libri”. Molte infatti, come la stessa “Punto e capo”, si impegnano nell’organizzazione di presentazioni letterarie e/o iniziative editoriali. La risposta di una cittadina come Sulmona è abbastanza fredda, a meno che non si coinvolga un nome di richiamo nazionale. Di certo le librerie fanno poco o niente per promuovere gli autori della propria zona. Talvolta relegano in un’apposita sezione i volumi “regionalistici”, e di certo non si sognano di metterli in vetrina. L’Abruzzo soffre particolarmente di questa tendenza “autolesionistica”. Ecco quanto affermava il Prof. Ottaviano Giannangeli, in un acutissimo intervento sulla questione: «Il sogno di ogni autore serio, che sia stato… condannato a nascere e ad operare in Abruzzo, sarebbe almeno quello di vedere apparire nelle vetrine delle Librerie delle principali città italiane il proprio prodotto: ma come pensarci?… Rimarrebbe un’ultima illusione, non certo ambiziosa: che almeno i librai “abruzzesi” esponessero in vetrina, accanto ai prodotti (e alle Case [Editrici]) di risonanza nazionale, quelli degli scrittori corregionali di un avallato talento. Ma i librai “discriminano”: spesso notiamo nelle vetrine più vistose i grandi libri conclamati dell’industria nazionale e in una vetrina appartata i prodotti nostrani, considerati quasi di serie artigianale o (per servirci del gergo sportivo) semiprofessionistica o dilettantistica. Quando, poi (come più sovente avviene), lo scrittore abruzzese non vada a finire su un banco appartato della libreria, o in uno scaffale ancora più invisibile, a cui è destinata la cosiddetta “abruzzesistica”. Così un romanzo, o un volumetto di poesie, si vedrà confuso con un libro di storia, o di geografia o di folclore locale. Non sto lavorando di fantasia o ironizzando: ciò che affermo (purtroppo) è frutto di visitazioni di librerie pescaresi, lancianesi, sulmonesi, ecc., e di accurate ricerche e verifiche» (O. Giannangeli, in “Scrittura e radici. Saggi 1969-2000”, Lanciano, Carabba, 2002, pp. 195-196). Oggi uno scaffale dedicato agli autori abruzzesi sarebbe il meno spiacevole degli “apartheid”, a patto che si scelgano quelli di “avallato talento”… Riprendiamo quindi da questa “battuta d’arresto”, e invitiamo Jacopo Lupi, noi che viviamo nella sua cittadina e siamo membri dello stesso consorzio culturale, a non calare definitivamente il sipario della sua saracinesca. Adesso il giovane proprietario di “Punto e a capo” ha bisogno di aiuto e non può prendersela comoda. Al contrario di Saba che, nella sua libreria antiquaria, mentre il «buon Carletto» sistemava e catalogava libri come «il canarino in gabbia affaccendato», languiva placidamente: «Oggi non faccio nulla. Faccio festa./ (Sono stanco a morire). Non ho voglia/ di vecchi Le Monnier, d’altre anche peggio/ malinconie…». Auguri quindi a Lupi che, affettuosamente, invitiamo a “resistere”.

Andrea Giampietro