LETTERA APERTA DI UN DETENUTO: COSTRUIAMO UN PONTE UMANO TRA NOI E LA CITTA’

“Sono un detenuto ristretto nella Casa Circondariale di Sulmona che si trova a ridosso del Monte Morrone e dalla cui cella osservo la città che vive attraverso le luci nelle case, nelle strade e quelle delle auto. Vi scrivo nella speranza di poter creare un ponte umano tra il dentro e il fuori, aprendo un dialogo e un confronto per poterci sentire parte integrante della vostra comunità”. Sono questi i primi brani di una lettera aperta alla città inviata da Giovanni Prinari, detenuto nel penitenziario sulmonese di via Lamaccio. Un appello pieno di speranza per avvicinare la società dei liberi a coloro che scontano la loro pena nella comunità del penitenziario. “Spesso si parla di carcere come di un luogo dal quale stare il più lontano possibile, perché chi è dentro è solo un delinquente privo di sensibilità, di umanità, di sentimenti e non merita attenzione, o addirittura non merita di essere riaccolto in società. Sicuramente il carcere è un luogo dove ci sono persone che hanno infranto la legge, sbagliando e violando quel patto di convivenza che vige in una società civile che si fonda su regole che tutti dovrebbero rispettare – scrive Prinari – ma è anche un luogo dove ci sono persone innocenti che sono incappate nelle maglie della giustizia e che hanno pagato un conto salatissimo senza averne colpa, ed a volte ci sono voluti molti anni prima che venisse riconosciuta la loro innocenza. Questo la gran parte dell’opinione pubblica non sempre lo sa”. Il pensiero poi si volge al sospirato ritorno alla libertà, dopo aver pagato il proprio conto con la giustizia. “Tuttavia, un cittadino che ha commesso un crimine, viene privato della libertà per un periodo temporaneo, allo scadere del quale, tornerà libero rientrando nella società. Purtroppo non sempre è bene accetto e spesso viene emarginato perché la comunità diffida di lui e, così facendo, lo spinge nuovamente a commettere altri sbagli: non si può giudicare chi o cosa non si conosce, e per conoscere qualcuno o qualcosa, bisogna frequentarlo e metterlo alla prova”. “Non è ignorando il problema che il problema scompare. Magari imparando a conoscerlo si può contribuire a risolverne una parte, a migliorarne una parte, e restituire alla società persone diverse”.


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