TERREMOTO, PALAZZO MAZARA NON POTEVA ESSERE SGOMBERATO

Palazzo Mazara non poteva essere sgombrato. L’ordinanza di sgombero dell’immobile emessa dal sindaco Annamaria Casini non è stato “adeguatamente motivato”. Ad accogliere il ricorso di uno dei proprietari del palazzo, l’avvocato Vincenzo Colaiacovo, è stato il Tribunale Amministrativo Regionale dell’Abruzzo che ha sospeso l’ordinanza d’urgenza emessa dal sindaco di Sulmona, Annamaria Casini, il 18 gennaio scorso per lo sgombero dello studio professionale e dell’abitazione al secondo piano di “Palazzo Mazara”, inagibile per le ulteriori scosse del giorno precedente. I giudici amministrativi rilevano che “il potere sindacale e urgente presuppone, da un lato, una condizione di pericolo effettivo, da evidenziare con una congrua motivazione e, dall’altro, una situazione eccezionale e imprevedibile che possa provocare rischi imminenti per la salute e l’incolumità pubblica, alla quale non sia possibile far fronte con i mezzi previsti in via ordinaria dall’ordinamento” e che “nel caso di specie, il provvedimento gravato non risulta adeguatamente motivato in ordine ai presupposti suindicati”. La sospensione riguarda solo la parte di edificio di proprietà del ricorrente. Per ben due volte, prima e dopo la proposizione del ricorso, redatto dall’avvocato Guido Colaiacovo, l’avvocato Vincenzo Colaiacovo ha chiesto che, in via di autotutela, il Comune revocasse l’ordinanza, emanata in condizioni meteorologiche proibitive, facendo notare che nello stesso tempo via Carrese era occupata da cantieri edili, “oltre tutto in un contesto nel quale il Comune sta mandando a pezzi Palazzo Mazara, come hanno accertato quattro cause avanti il Tribunale di Sulmona”. Le richieste di Colaiacovo erano corredate da circostanziate relazioni di un ingegnere che escludeva ogni aggravamento rispetto al sisma del 2009, per il quale entro il mese di marzo era già progettato l’inizio dei lavori di riparazione nella mia porzione, delittuosamente impediti dalla ordinanza di sgombero.  Il ricorrente avanti al Tar adesso annuncia ricorso alla Corte dei Conti, preso atto della “testarda ostinazione dell’amministrazione” in merito alla gestione di “questa assurda imposizione di retaggio medievale, in quanto priva di motivazione come evidenziato dal TAR e, d’ora in poi, ad interessare anche il giudice penale, e non più solo quello civile, per le omissioni nella manutenzione di quello che di recente è stato definito “il più bel palazzo d’Abruzzo” dallo scrittore Giovanni D’Alessandro e tale è considerato dagli organi tecnici per la tutela dei beni artistici e ambientali”.


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