
ASSOCIAZIONE A DELINQUERE E USURA, NOVE ARRESTI E UNDICI DENUNCE (VIDEO)
Avrebbero acquistato società inattive, rendendole apparentemente solide, con tanto di assunzioni (fittizie) e proventi che venivano immessi in un giro di usura ai danni di imprenditori e commercianti di mezzo Abruzzo. Un’intera famiglia sulmonese di etnia Rom è coinvolta in una complessa inchiesta, che ha portato questa mattina a nove arresti e undici denunce, condotta dai carabinieri di Sulmona, coordinati dal PM Sostituto Procuratore nel tribunale di Sulmona, Stefano Iafolla, il quale, nella tarda mattinata di oggi, in conferenza stampa nella caserma di via Sallustio, insieme al Procuratore di Sulmona, Giuseppe Bellelli, al capitano della compagnia dei carabinieri di Sulmona, Florindo Basilico, al Comandante carabinieri provinciale, Antonio Servedio, e al Maresciallo Compagnia carabinieri Sulmona, Francesco Miccoli, ha raccontato di un sistema raffinato che segna un salto di qualità nel campo del malaffare. Con le accuse, a vario titolo, di usura, estorsione, falsità ideologica, sostituzione di persona e associazione a delinquere finalizzata alle truffe, ai danni di istituti bancari e società di intermediazione finanziaria, sono finiti in carcere Mario Di Rosa, 51 anni di Sulmona, ritenuto presunto punto di riferimento del gruppo, Luigino Di Rosa, 45 anni di Sulmona e domiciliato a Pettorano sul Gizio, Sonia di Rosa, 43 anni di Sulmona, Pasquale Di Rosa 46 anni di Castel di Sangro e residente a Montesilvano, Bruno Spinelli, 41 anni di Sulmona, Cesare Mariani 52 anni di Raiano e residente a Chieti (non appartenente alla famiglia). Ai domiciliari, invece, sono finiti Lucia D’Amato, 45 anni di Sulmona, Pasquale Di Rosa, 23 anni, figlio di Mario, e L. Morelli 34 anni di Avezzano. Provvedimenti cautelari emessi dal Gip del Tribunale di Sulmona, Marco Billi a conclusione della complessa attivita’ di indagine, durata un anno e mezzo, che vede indagate 20 persone (compresi gli arrestati) portata avanti in sinergia con i militari di Avezzano, Castel di Sangro, Chieti e Montesilvano, avvalendosi di intercettazioni telefoniche e acquisizioni di documentazioni fiscali.
L’inchiesta è partita da una denuncia per estorsione da parte di un imprenditore di Sulmona alla fine del 2014, sottoposto ad estorsione da uno degli arrestati. L’intuizione ed i sospetti da parte degli inquirenti hanno ampliato il panorama investigativo, portando a scoprire un’organizzazione strutturata per truffare banche e società finanziarie e per svolgere attività di usura. Vittime: una quarantina di imprenditori e commercianti di diverse zone d’Abruzzo (pescarese, chietino, lancianese, centro Abruzzo), persone in forte difficoltà, alle quali, ormai banche o società di intermediazione finanziaria rifiutavano i crediti. Secondo gli inquirenti, il gruppo avrebbe prestato denaro con tassi usurai anche del 54% mensile a persona. Aveva acquistato due società inattive, facendole apparire di nuovo floride e operando fittizie assunzioni (sarebbero stati ingaggiati tossicodipendenti, disoccupati, persone note alle forze dell’ordine nonchè le stesse persone coinvolte) che assumevano qualifiche di professionisti (che non avevano), i quali richiedevano finanziamenti (ammontanti a 600 mila euro), cedendo poi un quinto dello stipendio (che poteva essere di 2500 o 3000 euro), che in realtà non veniva corrisposto. Per non dare modo alle banche di avviare denunce e contenziosi le due aziende fittizie onoravano le prime rate, così che la società avrebbe preso tempo per conseguire altro capitale, con la stessa tecnica. Un modo per consentire alle società di ottenere il denaro e trasferirlo sui conti, che venivano estinti in pochi giorni. In alcune occasioni, secondo gli investigatori, i conti venivano contestati.
Il lavoro certosino investigativo ha permesso di ricostruire una serie di prestiti usurari, per un anno, a danno di una quarantina di imprenditori e commercianti abruzzesi, somme che si ipotizza si aggirassero intorno ai 500 mila euro, se non di più. L’ordinanza del Gip, il quale ha accolto tutte le richieste del Pm, ha riguardato anche il sequestro preventivo di alcuni beni, finalizzato alla confisca. In particolare una villa a Roccacasale, del valore di 600 mila euro circa, composta da 14 vani, garage annesso e 4 terreni, acquisita tramite asta giudiziaria. Sottoposte a sequestro anche le quote di partecipazione al capitale sociale, delle due società fittizie (Rz Elettronica e Sapori del Fucino), che sarebbero state rilevate, secondo l’ accusa, ai fini di truffare banche e società finanziarie. I fatti, come hanno spiegato gli inquirenti, con molta probabilità vanno avanti da sette anni.
IN Foto: Maresciallo Compagnia carabinieri Sulmona Francesco Miccoli Comandante carabinieri provincia Aq Antonio Servedio Procuratore Sulmona Giuseppe Bellelli PM Sostituto Procuratore Stefano Iafolla Capitano carabinieri Sulmona Florindo Basilico