INCHIESTA SOCIAL DUMPING, LA CASSAZIONE “DEMOLISCE” IL TRIBUNALE DELL’AQUILA

La Cassazione censura il Tribunale dell’Aquila sulla vicenda che ha portato all’arresto di alcuni imprenditori sulmonesi e aquilani accusati di sfruttamento della manodopera straniera. Si chiama Social dumping l’inchiesta finita nel mirino della Cassazione che nelle motivazioni sull’annullamento del 18 dicembre scorso, dell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere gli imprenditori Panfilo Di Meo e Francesco Salvatore, picchia forte sulla Procura e sul Tribunale. La Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso formulato dagli indagati, difesi dall’avvocato Alessandro Margiotta, precisando che il reato contestato e previsto dall’articolo 603 del codice penale per essere definito tale “debba avvenire tramite le condotte contemplate di violenza, minaccia o intimidazioni, idonee ad attentare alla dignitĆ  dell’uomo”. La Suprena Corte rileva che nel testo dell’ordinanza cautelare del Tribunale dell’Aquila “ĆØ assente ogni elemento riconducibile a violenza poichĆ© non rilevabile dagli atti, nĆ© il collegio ha svolto esplicite ed adeguate argomentazioni sull’accettazione coatta di condizioni di lavoro deteriori da parte dei dipendenti, sul quale desumere sul piano logico, l’esistenza di comportamenti e situazioni di intimidazioni subite dai lavoratori, idonee a comprimere di fatto la loro libertĆ  individuale”. Sempre secondo i giudici di Cassazione le motivazioni dell’ordinanza cautelare sono “gravemente carenti sugli aspetti essenziali riguardanti i modi di realizzazione dello sfruttamento previsti dal reato contestato”. In sostanza la Suprema Corte ha rilevato che dagli atti di indagine non risultano elementi tali da confermare il reato contestato agli indagati e per il quale sono stati arrestati. Inoltre la Cassazione smonta anche l’accusa di associazione a delinquere e sui reati fiscali in quanto rileva che il Tribunale dell’Aquila non ha tenuto conto della documentazione fornita dalla difesa in sede di riesame, che avrebbe dimostrato la legittimitĆ  delle modalitĆ  di fatturazione. “Una motivazione quella della Cassazione che stritola le argomentazioni poste a base dell’ordinanza cautelare del Tribunale dell’Aquila e che quindi demolisce l’intera indagine” afferma con soddisfazione l’avvocato Alessandro Margiotta. “E’ stata accolta la nostra tesi e quindi siamo pienamente soddisfatti. Della carcerazione preventiva forse dovrebbe farsi uso limitato, proprio per evitare situazioni del genere. Infatti se applicata come anticipazione della pena offende sia il principio di eguaglianza, trattando tutti gli indagati indistintamente come presunti colpevoli, sia il principio della libertĆ  personale che viene privata in modo illegittimo. Lo stesso Pontefice ha definito la carcerazione preventiva un’illecita pena occulta che va oltre la patina della legalitĆ ” ha concluso Margiotta. Il 30 luglio scorso gli imprenditori sulmonesi Panfilo Di Meo e Francesco Salvatore vennero arrestati, insieme ad altri quattro imprenditori, nell’ambito di un’inchiesta avviata dalla Procura dell’Aquila sui lavori del dopo terremoto. Le ordinanze di custodia cautelare vennero emesse dal Gip del Tribunale dell’Aquila.