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L’AMORE SECONDO RUBINI RIEMPIE IL CINEMA “PACIFICO”

L’amore amaro, tragico, quello grottesco, quello che fa ridere. una molteplice visione del sentimento amoroso in una commedia dai risvolti amari raccontata sul grande schermo nel filmDobbiamo parlare”, tra stereotipi e risate,  commentata dal regista in sala Sergio Rubini. Un successo di pubblico ieri sera nel cinema Pacifico di Sulmona per il  secondo appuntamento della sesta edizione della rassegna “Cinema e Psichiatria”, incentrata su “L’amore un sentimento che…”, organizzata  dall’Istituto Cinematografico “La Lanterna Magica” e dal Dipartimento di Salute Mentale della Asl 1. Prima la proiezione della pellicola, uscita nelle sale nel 2015: un’ acuta, sottile e crudele commedia drammatica d’ impianto teatrale senza esclusioni di colpi, in cui trova spazio una buona dose di umorismo. Un lungometraggio divertente e tagliente, che scava senza pietà nei protagonisti, ambientato in un attico al centro di Roma, in notturna (tra l’arredamento una gigantografia di Mao Tse Tung) che all’alba si trasforma in un campo di battaglia, dove protagoniste, in una notte buia e tempestosa, sono state due coppie, una in crisi per un tradimento scoperto, l’altra più solida, ma che, nel tentativo di aiutare i due amici piombati in casa, farà emergere rancori inattesi in tutti i quattro personaggi.

Interessante, poi, l’intervento del noto regista, attore e sceneggiatore Rubini, il quale, in maniera pacata e disponibile, ha risposto sia alle domande degli organizzatori della rassegna, tra cui  Vittorio Sconci, psichiatra e direttore del dipartimento di salute mentale della Asl 1, che ha introdotto i lavori,  sia alle curiosità del pubblico che ha affollato la storica sala facendola tornare a vivere, accendendo un dibattito che se per qualcuno è roba vecchia, metodo d’altri tempi, alla Sulmona, invece, quella che non mastica cinema tutti i giorni, evidentemente ancora piace apprezzandone idea e contenuti.

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Rubini ha spiegato significati e motivazioni delle sue scelte artistiche, raccontando la sua concezione dell’amore, con uno sguardo proiettato al passato, ma consapevole del presente, di una realtà in cui l’idea universale dell’amore diventa affermazione della propria individualità.  “Le coppie di innamorati scoprono le loro fragilità e si aggrappano a delle scialuppe nelle proprie solitudini che spesso diventano paure. Il film è un apologo sull’amore, è l’occasione di un incontro di diverse visioni dell’amore” ha commentato il regista. “La verità e la sincerità sono fondamentali, ma le parole a volte possono andare oltre ed essere usate in maniera inappropriata. Ecco che oltre le coppie parlanti ho raccontato la storia di due pesci rossi, che non parlano ma vivono la vita senza la sovrastruttura del linguaggio. I pesci non si fanno tante domande” ha spiegato Rubini, lasciando capire di aver scelto quella scena come per smorzare l’idea di un avversione al sentimento d’amore. Ha fatto riferimento poi il suo incontro con i grandi registi del passato, Fellini, Scola: “Era un altro Paese, un altro mondo, non so se migliore o peggiore, ma era un cinema più internazionale del nostro, con un’idea del mondo differente e un’industria cinematografica più ricca. L’idea della risata era diversa da quella odierna”. 

La curiosità del pubblico si è soffermata sulla contrapposizione politica tra destra e sinistra che emerge nel film attraverso le due coppie, una di intellettuali, l’altra borghese. Una differenza che oggi non esiste più, se non nei qualunquismi. E a noi viene in mente che precursore dei tempi, sul tema, sia stato Gaber quando negli anni settanta cantava “Tutti noi ce la prendiamo con la storia/ma io dico che la colpa è nostra/è evidente che la gente è poco seria/quando parla di sinistra o destra.

Rubini risponde che “La dicotomia politica è solo un fattore estetico, è ciò che resta dei valori di due diverse parti, rimasti come stendardi inutilizzati. I due personaggi sono amici in un’epoca in cui la partigianeria non esiste e lo scrittore riconosce nel chirurgo la sua vita. Sono amici, sono andati oltre gli aspetti negativi della faziosità” E conclude ironizzando “ho voluto riscrivere la sesta o settima Repubblica, ho perso il conto”.

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Il regista è stato omaggiato con i confetti tipici di Sulmona

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