POLITICA SULMONESE, UNA DOMANDA: “COSA C’E’ DA RIDERE?”
Di fronte all’abbacinante balletto che, in questi ultimi giorni, ha visto i “CAMPIONI” della POLITICA nostrana cimentarsi in contorsioni degne della migliore sceneggiata napoletana, non c’è, davvero, più nulla che un cittadino piccolo piccolo (che la politica, quella meravigliosamente minuscola, l’ha fatta solo attaccando manifesti e distribuendo volantini, senza mai neppure sfiorare quei TAVOLI dove tutto si fa e si disfa) voglia sapere.
Non mi interessa, e non credo davvero interessi più a un esausto popolo disfatto, sapere chi ha ordito cosa, quale oscuro intreccio di Poteri, veti incocrociati, dictat ed interessi occulti dovrebbe celarsi dietro gli accadimenti di queste ultime settimane, e vorranno perdonarci i Grandi Manovratori ed Oratori cittadini se, finanche nei sacri luoghi dedicati alle loro “riservate” concioni (per lo più bar ed angoli di strada), alfine smetteremo di pendere dalle loro labbra o di “origliare” (quasi ve ne fosse bisogno) per sentirci anche noi, per il tempo di un caffè, protagonisti di questo ben poco sfavillante spettacolo, nell’apprendere, bramosi, almeno gli scampoli degli inconfessabili disegni che dovrebbero celarsi dietro l’ennesimo cesaricidio (e mi perdonerà, soprattutto, la grande Roma repubblicana per un paragone che, davvero, non fa onore alla Storia).
Il retroscena (le mire personali, i mirabolanti progetti ed auspici politici…) non può più interessare se la scena, ormai, è quella, desolante e desolata, che ci troviamo di fronte.
E, per inciso, sarebbe davvero troppo triste scoprire che la posta in gioco, la ragione vera di una crisi, ormai inveterata, da cui la nostra Città non sa e non vuole sollevarsi, sono misere briciole di pane, giochetti e sotterfugi legati a modestissimi interessi personali, l’agognato pasto di chi, pur di farsene imperatore, foss’anche per un sol giorno, non ha esitato a spargere sale su questa valle, trasformandola nella più infima periferia, un paesotto dimenticato e da dimenticare.
Non ci stupisce più l’insensata ebbrezza della politica del “mal comune” nè lo spettacolo atroce di chi, addirittura, mostra irridente e vanaglorioso lo scalpo della sua ultima preda.
Sapremo, ormai adusi, finanche farci una ragione di coloro che, ancora dal proscenio di questo teatrino, tornano, senza tema di ridicolo, a chiederci il voto, così come sapremo accettare, con la solita rassegnazione, l’amarezza per l’ennesimo commissariamento, i treni persi (comunque ormai sparuti) e persino per un “Partito della Nazione” che ovunque ruggisce e che da noi non è neppure in grado di emettere un miagolio, quantomeno per spiegarci come mai, e soprattutto in nome di chi, la consapevolezza di essere stati eletti proprio per sostenere questa maggioranza e finanche il richiamo, per una volta sacrosanto e motivato, alla disciplina di partito, non abbiano saputo e potuto evitare la sfiducia al proprio Sindaco.
Queste cose, onestamente, non ci stupiscono più. In gran parte le conosciamo bene e, per il resto, non vogliamo saperle nè, sia ben chiaro, intendiamo prestare ulteriormente il nostro orecchio alle ridicole elucubrazioni di un politichese da bar dello sport che da ogni parte ci sono offerte.
Di fronte alla telegenica sfilata dei consiglieri dimissionari, tra selfie, pacche sulle spalle, pollici in alto e boriosa soddisfazione, però, un dubbio, sinceramente, ci è rimasto:
Vorremmo sapere, cari Consiglieri, cosa c’è da ridere? Quale sottile soddisfazione vi procura esservi accapigliati, per lungo tempo, sul nulla? Quale obiettivo avete raggiunto gettando a terra una città da lungo tempo in ginocchio? Con che faccia, tutti voi, tornate ad invitarci ad una farsa che ormai non ha neppure più nulla di ridicolo, ad un triste e meschino spettacolo tragico?
Vi sarò grato se vorrete fornire, alla vostra città, questo semplice chiarimento.
Andrea Marino