DECRETO SANITA’: CHIUSURE E RIDIMENSIONAMENTI. SULMONA RISCHIA DEPOTENZIAMENTO

Tempi ancora più bui sembrano prospettarsi con il decreto 70 del Ministero della salute che imporrà chiusure, pesanti ridimensionamenti di ospedali pubblici e privati. Un futuro per niente roseo quello che attende il mondo della sanità abruzzese, specialmente quello del centro Abruzzo, già dimenticato e devastato da tagli e soppressioni che continuano ad abbattersi a raffica, come insopportabili mannaie in un territorio vasto e prezioso come il nostro.  Altro che chiusura di punti nascita e guardie mediche nei paesi di montagna (vedi Campo di Giove). Una rivoluzione della sanità che sembra presagire un uragano che arriverà, entro il 2016, imposto dal decreto 70 del ministero della salute, pubblicato sulla gazzetta ufficiale il 4 giugno scorso, dopo una lunga gestazione partita nel 2012 con la spending review del governo Mario Monti. Un ciclone che spazzerà via una sanità basata sull’ospedalizzazione, sostituendola con quella incentrata sulle reti territoriali, sulla riorganizzazione dell’intero sistema dell’emergenza ed urgenza, sulla semplificazione ed eliminazione di doppioni secondo il modello, sul sistema dell’hub e spoke  che prevede la concentrazione della casistica più complessa in un numero molto limitato di ospedali ossia hub, fortemente integrati con centri periferici spoke, in territori più ampi dei confini regionali.   Protagonista non sarà solo il bacino di utenza, ma farà punteggio il numero delle prestazioni erogate lo standard qualitativo e la deroga concessa a quei presidi  in aree interne ed isolate lontane degli altri ospedali. Tutte le regioni, come anche l’Abruzzo, hanno  tre mesi di tempo per recepire il decreto, stilando un crono programma, e due anni per applicarlo.  L’applicazione corretta di tale decreto è stata messa sul tavolo del governo per l’uscita dal commissariamento.

L’importante novità è la classificazione degli ospedali pubblici in 3 categorie: la prima riguarda ospedali di base con bacino di utenza tra gli  80 mila-150 mila essi potranno avere solo Pronto Soccorso, la medicina interna, chirurgia generale, ortopedia,anestesia e guardia attiva h24 e con letti di osservazione breve intensiva. la seconda categoria riguarda ospedali di primo livello con bacino di utenza tra 150 mila- 300 mila abitanti essi potranno avere medicina interna, chirurgia generale, anestesia e rianimazione, ortopedia e traumatologia, ostetricia e ginecologia,pediatria, cardiologia, neurologia,psichiatria,oncologia,oculistica,orl, urologia, h24 radiologia ed ecografia, laboratorio e servizio immunotrasfusionale. Infine ospedali di secondo livello bacino di utenza tra 600 mila – 1,2 milioni di abitanti che oltre a tutte le specialità di ospedale di rimo livello hanno in aggiunto cardiologia con emodinamica con interventistica h24, neurochirurgia, cardiochirurgia, rianimazione cardiochirurgica, chirurgia vascolare toracica, maxilo-facciale, plastica, endoscopia digestiva complessa, broncoscopia e radiologia interventistica, medicina nucleare, rianimazione pediatrica e neonatale.

“Sulla scorta di tali numeri” affermano Marcello Ferretti e Franca Petrella della Cisl Fp  “il presidio ospedaliero di Sulmona, essendo un ospedale di  media dimensione rischia di essere depotenziato con la perdita di numerose specialistiche poiché la rigida applicazione di tale decreto porterebbe alla realizzazioni di 5 o al massimo 6 ospedali di 1 livello in tutto Abruzzo, rispetto  al numero di pretendenti che  è molto più alto’’. La Cisl Fp  Valle Peligna AltoSangro è convinta che, rispetto a questo contesto normativo, “il rilancio della sanità locale deve partire dalla razionalizzazione e riorganizzazione di tutti gli ospedali del territorio attraverso l’area vasta del centro Abruzzo con  gli ospedali riuniti di Sulmona-Castel di Sangro-Popoli,  creando una rete di specialistiche complementari tra tra  di loro e rimodulando servizi tali da connotare la struttura  con una propria vocazione a livello regionale.”

“La vocazione naturale” per la cisl “è  la branca ortopedica già fiore all’occhiello nel panorama provinciale, necessaria però diventa  l’ implementazione del l’attività degli ospedali riuniti con la clinica S. Raffaele già eccellenza regionale nella riabilitazione. La filiera ortopedica degli ospedali riuniti del centro Abruzzo dovrà diventare, con gli opportuni investimenti tecnologici e con le alte professionalità medico chirurgiche, punto di riferimento regionale capace di sviluppare attrazione e mobilità attiva verso il nostro territorio. Il punto nascita di Sulmona va salvaguardato nell’ottica di una riorganizzazione che interessa un’area grande e con notevoli disagi di tipo orografico e socioeconomici che indicano la Valle Peligna tra le zone più svantaggiate dell’intero Abruzzo. Importante  anche investire sulla diagnostica con la dotazione della Risonanza Magnetica. Tale investimento porterebbe non solo alla riduzione dei tempi di ricovero ma eviterebbe lunghe attese ai cittadini. Necessaria anche l’attivazione dei 20 posti letto di Lungodegenza già previsti dall’atto aziendale al fine di garantire l’appropriatezza dei ricoveri. Notevole preoccupazione infine esprimiamo per l’Unità operativa di Urologia che sta perdendo il ruolo di eccellenza nel panorama provinciale a tal proposito si chiedono investimenti in tecnologia e la nomina di un direttore in grado di rilanciare il servizio in termini di quantità e performance.

Infine per il futuro dell’Unità Operativa Utic e cardiostimolazione unico riferimento del centro Abruzzo specializzato nella gestione del paziente affetto da patologia cardiaca acuta e collegata H24 con l’emodinamica diventa fondamentale preservarne l’attività specialistica, diagnostica e di trattamento immediato con il mantenimento del centro di riferimento aritmologico e impiantistico di elettrostimolatori intracardiaci e di defibrillatori bicamerali,bi ventricolari e loop recorder.

L’acuirsi delle contrapposizioni politiche non giova di certo ad un territorio la cui debolezza si è palesata in maniera scottante negli ultimi anni che hanno visto la Valle Peligna e l’Alto Sangro recitare un ruolo sempre più marginale nelle scelte degli ultimi governi regionali.

Nel corso degli anni si sarebbero dovute creare le condizioni affinché questo angolo dell’Abruzzo ricco di storia di cultura con un patrimonio paesaggistico di immane valore potesse essere considerato un’opportunità di importante valore aggiunto per l’intera regione ma oggi purtroppo  la realtà  ci impone di  subire  sacrifici in termini di tagli e investimenti, tali da determinare un inevitabile spopolamento.”