MAZZOCCA CHIEDE STOP AUTORIZZAZIONI METANODOTTO, COMITATI “URGE TAVOLO PER SOLUZIONE ALTERNATIVA”

“Condividiamo pienamente la decisione della Regione Abruzzo, annunciata dall’Assessore Mario Mazzocca, di chiedere lo stop delle procedure autorizzative per il metanodotto e la centrale di compressione di Sulmona” E’ quanto affermano i comitati ambientalisti sulmonesi dopo l’esplosione del gasdotto Snam a Pineto, chiedendo al  Presidente della Regione di mettere in atto ogni iniziativa politica ed istituzionale per ottenere la sospensione della Conferenza  di Servizi del 26 marzo e la convocazione  di un vero tavolo di confronto Stato – Regioni al fine di individuare soluzioni alternative al progetto presentato dalla Snam, applicando quanto deciso dalla Commissione Ambiente della Camera dei Deputati con la risoluzione n.7/00518 del 26 ottobre 2011. “Anche i Parlamentari del territorio, in maniera chiara e forte, facciano sentire la loro voce nei confronti del Governo” aggiungono i comitati “affinché venga data piena attuazione alla decisione assunta dal massimo organo elettivo dello Stato. Continuare a disattendere quanto deliberato da Comuni, Province, Regioni e Parlamento significa negare la sovranità popolare sancita dalla Costituzione e quindi i principi stessi su cui si fonda il nostro Stato democratico”.

Dopo l’esplosione del gasdotto Snam a Pineto” affermano gli ambientalisti sulmonesi “il Governo Renzi si fermi e riveda la sua posizione di acritica accettazione del mega gasdotto “Rete Adriatica” di 687 km., una infrastruttura di mero attraversamento territoriale che la multinazionale del gas intende far passare a tutti i costi lungo la dorsale appenninica. Non è ammissibile che le scelte progettuali della Snam, sostenute da potenti lobby economiche e politiche, siano ritenute indiscutibili, mentre le delibere di contrarietà, adottate dalle Istituzioni democratiche a tutti i livelli, non siano degne di considerazione alcuna.

Quanto accaduto a  Mutignano di Pineto (ultimo di una serie di  “eventi” analoghi avvenuti purtroppo in questi anni nel nostro Paese) è la riprova che i metanodotti sono impianti pericolosi che mettono a serio rischio il territorio e la incolumità delle popolazioni residenti. Pertanto essi non dovrebbero mai essere realizzati in aree fragili sotto il profilo  ambientale, idrogeologico e sismico, quali sono quelle dell’Appennino. Ma evidentemente la logica non è alla base delle scelte della Snam. Nel tratto Sulmona Foligno, di 169 km, la condotta (di un metro e 20 di diametro, più del doppio di quella esplosa a Pineto) interessa numerose faglie attive e le località dell’Abruzzo aquilano già colpite dal sisma del 2009 nonché quelle di Umbria e Marche colpite dal terremoto del 1997.

I territori, con i loro abitanti, meritano rispetto e attenzione. Opere di questa natura e dimensione non possono essere calate dall’alto  sulla testa dei cittadini, ma richiedono una attenta valutazione di ogni tipo di impatto : sulla salute, sulla sicurezza, sull’ambiente e sull’economia locale. Valutazione che, nel caso specifico, non è stata effettuata con il dovuto approfondimento e che invece è ancor più necessario  dal momento che il metanodotto e la centrale di compressione di Sulmona non servono al nostro Paese, che ha una sovrabbondanza di infrastrutture di importazione rispetto ai fabbisogni.

Il  grande gasdotto Rete Adriatica è un’infrastruttura “strategica” inserita nei Progetti di Interesse Comunitario (nell’ottobre del 2013 la Commissione Europea ha individuato un elenco di 248 grandi progetti infrastrutturali, definendoli Progetti di Interesse Comune (PIC), molti dei quali riguardano gasdotti, lo stoccaggio di gas naturale e GNL) e che, in quanto tale, beneficia di procedure accelerate di autorizzazione, a discapito della qualità della valutazione di impatto ambientale e della partecipazione pubblica. Nel dicembre 2010 Comuni, comitati, associazioni e singoli cittadini hanno inoltrato ricorso alla Commissione Europea contro tale opera. Tutte queste infrastrutture, disseminate in maniera esponenziale per favorire la grande finanza,  e che la BEI finanzia nonostante il  continuo crollo dei consumi di gas sia a livello nazionale (– 11,6%) che europeo (– 9%) nel 2014 rispetto al 2013, non solo a causa della crisi economica,  ma anche per la concorrenza crescente delle energie rinnovabili,  non rispondono ai nostri bisogni, bensì a logiche puramente commerciali e di profitto (hub del gas del sud Europa e interessi di speculatori ed investitori).”