FAGLIA DEL MORRONE, I GEOLOGI DELLA VALLE PELIGNA CHIEDONO PRESìDI SISMICI
Prevenzione come parola d’ordine. La faglia del Morrone è stata l’argomento principe di un interessante convegno che si è tenuto ieri pomeriggio a palazzo Sardi, alla presenza dei geologi dell’INGV-L’Aquila, Stefano Gori, Emanuela Falcucci e Fabrizio Galadini (all’iniziativa ha aderito anche il geologo Giorgio Pipponzi, ufficio speciale ricostruzione cratere). Incontro organizzato da un gruppo di professionisti chiamati ” Geologi per la Valle Peligna”, operanti soprattutto nell’ambito della ricostruzione postsisma. Ad aprire la giornata di studi Domenico Trotta e Catia Di Nisio, entrambi geologi del territorio. Trotta ha spiegato subito che lo scopo promuovere iniziative pubbliche di collaborazione a sostegno di progetti di ricerca per definire la pericolosità sismica del proprio territorio, prendendo conoscenza dei rischi e del modo in cui poterli affrontare, facendo così prevenzione. “Vogliamo sensibilizzare tutti coloro, attori della Protezione Civili, dai Comuni ai volontari, tutti quelli che hanno un ruolo nella pianificazione dell’emergenza” ha detto, premendo, poi, sulla necessità di presidi sismici. Ecco, dunque, la richiesta avanzata ai sindaci di tutti i Comuni della Valle Peligna (ma erano presenti solamente i sindaci di Pratola e Roccacasale) di un tavolo unico con i responsabili di Protezione civile dei paesi e i geologi, al fine di creare una rete finalizzata al reperimento di risorse per indagini e studio sulla probabilità di occorrenza di forti terremoti (tempi di ritorno) generati dalla faglia del Monte Morrone, prevedendo la realizzazione di indagini paleosismologiche tradizionali che avranno appunto lo scopo di caratterizzare l’attività recente (delle ultime migliaia di anni) della struttura tettonica. Si realizzeranno pertanto trincee geognostiche attraverso l’espressione di superficie della faglia. A queste, hanno spiegato gli esperti, sarebbe auspicabile affiancare indagini paleosismologiche innovative, mediante l’applicazione di metodi di datazione di recente sviluppo e applicazione.
Ad annunciare che tra dieci giorni arriverà sul tavolo di palazzo San Francesco il tanto atteso studio sulla microzonizzazione sismica, redatto dall’Università di Chieti, lo ha annunciato Fabrizio Galadini, Dirigente di ricerca presso Ingv, nel suo intervento, spiegando l’importanza di studiare la stratificazione dei danni nel centro storico, ovvero si esaminano edifici pluriterremotati, quelli che hanno subito i tre terremoti con epicentri non a Sulmona (alla fine del 700, agli inizi del 900 e ai primi anni ottanta). 97 sono quelli che sono stati mappati nella nostra città e la conclusione verterebbe sui lavori di ricostruzione fatti male o sull’ostinazione a realizzarli nuovamente nello stesso posto. Galatina ha rimarcato l’importanza di una crescita culturale sul terremoto, al fine di evitare danni, che invece qui manca. Come se i secoli di storia non siano stati magistra vitae.
Con le legge regionale sismica del 2011, gli studi della microzonazione sismica vengono considerati strumenti indispensabili per una corretta pianificazione dell’uso del territorio alla scala comunale, così che si considerino adeguatamente le criticità geologiche di un territorio in riferimento al suo potenziale sviluppo urbanistico. Si tratta di studi che forniscono, inoltre, informazioni necessarie per le valutazioni di rischio sismico alla scala comunale. Dal 2006 l’ordinanza Pcm 3519/2006 ha adottato la mappa di pericolosità sismica come strumento per gli interventi di riduzione del rischio e per la progettazione di nuove costruzioni in aree sismiche. Dalla mappa si evince che il Bacino di Sulmona ricade all’interno di un settore per cui le accelerazioni massime attese al suolo (bedrock) possono raggiungere e anche superare i valori che si sono registrati durante il terremoto dell’Aprile 2009 nell’aquilano.
LA FAGLIA DEL MORRONE
A parlare della faglia del Morrone, quella lunga cicatrice (più di 20 km di lunghezza in superficie) che borda il fianco occidentale della montagna da Pacentro a Popoli, è stato Stefano Gori, avvalendosi di slide e immagini. Ha dato informazioni sullo stato di salute della linea sismica tettonica della faglia del Morrone, una delle più importanti tettoniche attive del centro Italia, a cui è legata la sismicità dell’area peligna. Infatti, gli studi finora disponibili, definiscono la massima magnitudo attesa di un terremoto generato da questa faglia pari a 6.6-6.7 (scala Richter). Secondo indagini archeosismologiche, effettuate da alcuni autori, l’ultimo evento di attivazione della faglia del Morrone, dovrebbe essere avvenuto circa duemila anni fa (II secolo d.C). Un lasso temporale comparabile con il tempo medio di ricorrenza di attivazione delle faglie abruzzesi, ecco perché la faglia del Morrone è considerata come una delle principali strutture tettoniche “silenti” dell’Appennino centrale. “Non abbiamo informazioni per stabilire ogni quanto si muove” spiegano gli studiosi.