FESTA SAN DOMENICO E RITO DEI SERPARI, EDIZIONE RECORD

Il sacro e il profano, credenze popolari che si fondono con fede e preghiere. Il culto delle serpi, il rito che si ripete ormai da secoli con tutta la sua carica di emozioni e suggestioni. Si è ripetuta ieri mattina, in una bella giornata di sole, la festa di San Domenico a Cocullo con il tradizionale rito dei serpari pronto per essere riconosciuto patrimonio dell’Unesco.  Nei vicoli, sui balconi, nella piazza, fedeli, turisti, curiosi, studiosi, il mondo della cultura e dei media, con televisioni e giornali francesi e danesi, fotografi provenienti da diversi paesi del mondo, bikers dal centro Italia. Una massa compatta che ha voluto esserci, per rendere omaggio, con la propria presenza, al rito più sentito d’Abruzzo e conosciutissimo. Erano davvero in tantissimi ieri mattina, secondo forze dell’ordine e organizzatori la stima oscilla tra le 15 mila e 20 mila presenze. Un’edizione record. La grande affluenza è stata ben gestita dagli organizzatori, ProLoco, Parrocchia locale, associazione Di Nola.  Famiglie e comitive hanno approfittato di treni speciali che ad intervalli regolari consentivano l’arrivo al paese.  Anche quest’anno c’è stata attesa per il momento della vestizione della statua di San Domenico Abate: all’uscita dal portale della chiesa, prima della processione, è stata coperta dai serpari, come tradizione vuole, con i migliori esemplari di serpenti che si sono poi stretti intorno al collo della statua, senza coprirne il volto. Segno di presagio positivo. Processione uscita in ritardo dalla chiesa per consentire a un’ambulanza di attraversare la piazza e soccorrere un pellegrino colto da malore per la ressa e il caldo.  Gli anziani del paese erano, invece, attenti ad osservare la disposizione dei Cervoni sul Santo, per capire in base al loro puntare verso l’alto o verso il basso, se l’annata agricola sarà proficua o no. Credenze popolari. Il rito, di origine forse preromanica, vedeva nella figura del serparo il sacerdote stesso, devoto alla dea Angizia, il quale conosceva il segreto per rendere i rettili innocui con il suono di un particolare corno, il kerallos. Tutto si è svolto in modo perfetto e la tensione in crescendo si è poi sciolta nel lungo applauso generale della folla. Presenti alla festa, oltre al vescovo Mons. Angelo Spina e al parroco del paese Don Luigi, altri sacerdoti, il sindaco di Cocullo Nicola Risio, alcuni sindaci del circondario, l’assessore regionale alla cultura Luigi De Fanis, il presidente della Comunità Montana Peligna, Antonio Carrara, e  quello di Gran Sasso Acqua, Americo Di Benedetto. Unica assente: la Provincia. A seguire, nella piazza e nelle strade vicine, adulti, donne e bambini maneggiavano con grande cura rettili di ogni taglia, lasciando che questi scorressero sulle loro braccia e intorno ai loro colli. Turisti e visitatori, che ogni anno arrivano a Cocullo da ogni parte del mondo attratti da questa festa, non disdegnano di esserne coinvolti facendosi fotografare o riprendere dalle telecamere mentre prendono contatto con rettili stessi. La quantità di serpenti presi ieri per la festa del Santo non era però numerosa come in altre edizioni, poiché come hanno spiegato i serpari, il protrarsi del freddo in questo periodo ha ritardato il risveglio dei rettili. Tante le persone  che hanno approfittato della giornata anche per visitare il museo e la mostra erpetologica tenuta aperta per l’intera durata della manifestazione dai ragazzi della cooperativa “Il Faro”.

Ottavia Appignani

 

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momento in cui vengono sistemate le serpi sulla statua del Santo

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tra 15 e 20 mila le presenze stimate

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