PER “DIRITTO DI PADRE” TRASFERITO AGENTE PENITENZIARIO

Potrà ricongiungersi alla sua famiglia. Una storia a lieto fine quella di un agente di Polizia Penitenziaria M.C., il quale, attraverso un ricorso al TAR della Lombardia, tramite la Uil Penitenziari Provinciale dell’Aquila e grazie al contributo degli avvocati Francesco Cantelmi e Fabio Liberatore, e’ riuscito a recuperare il diritto di stare vicino a sua figlia e “che in maniera del tutto ingiusta – secondo il sindacato di categoria – gli era stato negato dalla sua Amministrazione di appartenenza”.  L’uomo, di stanza presso il carcere di Bollate a Milano e padre di una bellissima bambina, pur avendo avuto il diniego dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria nel maggio 2012 circa la richiesta di benefici ex art 42 bis del D.Lgs 151/2001, per accudire la figlio insieme alla moglie attraverso il distacco lavorativo dalla sua sede di Milano in quella di Sulmona, si e’ riappropriato di un suo diritto e per questo motivo, per tre anni, su espressa sentenza emanata dal TAR della Lombardia, potra’ lavorare e vivere vicino alla sua famiglia e svolgere cosi’ come si deve le funzioni di padre. Nulla ha potuto fare – rileva la Uil penitenziari – l’avvocatura dello Stato contro la denuncia avanzata dall’agente di illegittimita’ per contrasto con diversi art. della Costituzione, con la Convenzione sui diritti dell’infanzia e con l’accordo siglato dall’Amministrazione Penitenziaria con i sindacati di categoria nel 2005, nonche’ per eccesso di potere sotto varie figure sintomatiche. Il ricorso avanzato dall’agente, infatti, secondo il Tribunale Amministrativo risulta fondato e quindi meritevole di accoglimento.