NUOVO PADIGLIONE DEL CARCERE, LAVORI A RILENTO

Lavori a rilento per la costruzione del nuovo padiglione del penitenziario sulmonese di via Lamaccio. A denunciarlo è Mauro Nardella, segretario della Uil territoriale. “Dovessimo paragonare la velocità con la quale avanzano i lavori della costruzione del nuovo padiglione penitenziario ad un essere vivente non avremmo dubbi nell’identificarlo in quello di un bradipo” dice Nardella. “Ad un beneaugurante inizio che aveva fatto pensare ad un processo accelerato nella realizzazione di ulteriori duecento posti letto in quello che da molti è ritenuta essere una delle case di reclusione più importanti d’Italia si è andata mano mano sostituendo una certa riluttanza nelle operazioni di costruzione” continua Nardella. L’esponente sindacale osserva che “ad un iniziale entusiasmo rivolto all’allargamento degli spazi riservati al numero di detenuti e che avrebbe fatto pensare all’arrivo di non meno di trenta poliziotti penitenziari e di decine di altri operatori, considerate le ultime politiche adottate dall’amministrazione penitenziaria che, in luogo dell’apertura di nuove sezioni non ha fatto corrispondere un logico quanto auspicato aumento delle quote in forza adi operatori penitenziari siano essi poliziotti che personale facente capo al comparto ministeri,
non si può che vedere, quanto meno con un occhio alimentato dal dubbio l’aspetto positivo che aveva riguardato l’inizio dell’iter realizzativi” precisa Nardella. Secondo la Uil “se un nuovo padiglione ci dovrà essere non si potrà prescindere dal considerare seriamente la possibilità di rivedere prima la pianta organica del penitenziario peligno e solo successivamente il prosieguo dei lavori e relativa definizione del progetto”. Diversamente la Uil annuncia che non darà più sostegno al progetto di ampliamento del penitenziario. “Il fatto che si viaggi con la velocità non certo di una lepre è visto dalla Uil con digressione negativa più che con la speranza di un suo immediato varo – sottolinea Nardella – tutti vorremmo il rilancio dell’economia della nostra comunità e soprattutto della sua anagrafe a patto che non sia di esclusiva estrazione detenuta. Non se lo possono permettere più gli agenti di stanza al carcere ne tanto meno i residenti. Questi ultimi, infatti, già vedono con diffidenza la presenza di numerosi detenuti figuriamoci se dal loro stazionare nel territorio non faccia da eco un ritorno positivo in ambito economico”.