EX ANALISTA MONTEDISON: ECCO COSA C’E’ NELLA DISCARICA BUSSI

Sul caso della discarica di Bussi torna Pasquale Antonucci, ex dipendente dell’ufficio analisi chimiche della Montedison. “Cosa c’è nella discarica Tremonti ? Cosa c’è qualitativamente e quantitativamente?” si domanda l’ex analista. Per Antonucci si è davanti al “solito vizio tutto italiano di emettere sentenze, senza conoscere la storia della chimica di Bussi e giudicare fatti avvenuti in epoche, dove non c’era nessuna sensibilità ambientale”. Antonucci confermando la tesi che da anni sostiene afferma che  “nella discarica Tremonti non c’è l’iprite,non ci sono sostanze radioattive,o sostanze particolarmente pericolose. Ci sono soltanto circa 100 metri cubi di esacloroetano e pentacloroetano, c’è terra rossa di una vecchia fornace di mattoni, e contrariamente a quello che si legge in giro non ci sono ceneri di pirite, le ceneri che sono sepolte sono state prodotte dalla combustione della legna, legna usata dalla fornace per cuocere i mattoni”. Antonucci poi dà qualche informazione sulle sostanze che come i solventi clorurati sono stati descritti come l’origine di tutti i mali. “I solventi clorurati sono considerati tra i maggiori responsabili dell’inquinamento di falde acquifere e di terreni sia in Europa che negli Stati Uniti – spiega l’ex analista – solo alla fine degli anni ’70 fu riconosciuto il potenziale tossico di tali classi di inquinanti e si iniziò ad ottimizzarne l’impiego e a limitare l’esposizione umana ad essi. Ricordo benissimo quando questi solventi erano dentro boccioni e in laboratorio li usavamo per lavarci le mani. Per il loro ottimo potere solvente, propellente e della scarsa infiammabilità, i solventi clorurati sono stati e sono ancora impiegati nell’industria meccanica come agenti sgrassanti di parti metalliche, nelle tintorie o lavanderie chimiche, nell’industria orologiera ed in quella cartaria. Non a caso nelle acque di falda della zona industriale di Chieti si hanno concentrazioni di solventi clorurati superiori alle acque di falda delle discariche di Bussi. Tutto documentato. L’impiego estensivo è stato determinato dall’economicità di tali prodotti, dalla facilità di manipolazione e dall’assenza di odori sgradevoli connessi al loro utilizzo”. “L’importanza dei solventi clorurati come contaminanti delle acque di falda è stata riconosciuta soltanto a partire dall’inizio degli anni ‘80, sebbene tali sostanze siano state prodotte e utilizzate sin dall’inizio del secolo precedente; ciò è da imputare alla mancanza di una legislazione adatta che potesse prevenire lo sversamento incontrollato di contaminanti nel sottosuolo, e all’assenza di metodi analitici in grado di rilevare questi composti anche a basse concentrazioni solo alla fine degli anni ’70 con i gascromatografi corredati con rivelatori a cattura di elettroni a Bussi come in qualsiasi altro posto è stato possibile eseguire analisi a livello di microgrammi per litro. I solventi clorurati sono stati banditi non per la loro pericolosità, ma soltanto perché sono stati ritenuti responsabili dell’allargamento del buco dell’ozono”. “I solventi clorurati li troviamo nelle acque potabili, nelle piscine e ovunque si usa cloro per la disinfezione delle acque – conclude Antonucci – considerando che il problema del fiume Pescara e dei nostri mari non è l’inquinamento chimico, ma la presenza di salmonelle e di escherichia coli come ci certificano le analisi dell’Arta un pò di cloro e dei suoi derivati nelle acque, non farebbero affatto male”.