“HO QUESTO MALEDETTO VIZIO ERRATICO…”

La profondità del ricordo per realtà mai dimenticate, quel distacco dalla terra natìa di chi nella vita è stato costretto ad “indossare i duri calzari per viaggiare” riprendendo “il saio del mio vagabondare/che scortica ferite appena chiuse/ e riapre cicatrici mai sanate”,  l’estraniarsi per ritrovarsi, il viaggio introspettivo trasposto in versi, con parole che indagano e scandagliano, toccando corde di intensa emozione, caratterizzano il libro di poesie intitolato “Ho questo maledetto vizio erratico…” scritto da Palma Crea Cappuccilli, intellettuale calabrese di origine e sulmonese di adozione, presentato ieri a Palazzo Sardi, regalando al folto pubblico un bel pomeriggio di cultura.

Erano in tanti a lasciarsi travolgere dal fascino della poesia della memoria, intrisa della cultura di quel saggio mondo dei latini e greci, che per anni la scrittrice-docente ne ha insegnato valori e letteratura agli studenti del Classico di Sulmona e di diverse città d’Abruzzo. “Ho questo maledetto vizio erratico/ che mi spinge tra indomite battaglie di pensieri/ al buio/ e mi sgomitola/più di mille incanti”.  Così recita il verso conclusivo dell’ultima poesia della prima delle tre sezioni, in cui è divisa la Silloge, sapientemente commentata, in maniera interessante,  dal critico Massimo Pasqualone, docente dell’Università D’Annunzio di Chieti Pescara, che ne ha curato la prefazione.  Relatore e moderatore dell’incontro culturale è stato Raffaele Giannantonio, docente nell’ateneo dannunziano, il quale ha illustrato tematiche e poetica. Alla presenza dell’editrice, Valeria Di Felice, che si è detta stupita per il numeroso pubblico intervenuto, il compositore Angelo Ottaviani ha accompagnato musicalmente tre giovani attrici della Compagnia “Arianna”, Grazia Giansante, Silvia Giardino e Gabriella Gaeta, nella recita alcune delle poesie più significative dell’opera, i cui versi sono “franti come secondi, esaustivi come solo può esserlo l’eternità”, come scrive Pasqualone. Unica concessione: l’aggettivazione, come ha confessato l’autrice stessa nel suo intervento. Ha raccontato delle bellezze della sua Calabria e si è soffermata sull’origine del suo ritorno a comporre poesie. Tutto cominciò in un giorno d’estate, quando, durante una conversazione “garbata e urbana” con gli amici, sulle proprie regioni di provenienza, rivisse in pochissimi minuti, come fotogrammi di un vecchio film, i giorni della sua giovinezza trascorsa nel suo paese natale in Calabria. Nostalgia mista a quella sensazione di chi non condivide con gli interlocutori ricordi di infanzia, emozioni e atmosfere legate a una terra lontana. Come un forestiero. Una discussione che le scosse animo e cuore, tanto da risvegliarle intensamente quel desiderio di affidare a versi e rime i momenti salienti della sua vita, permettendo ai lettori di sbirciare nella sua vita e di sprofondare nel piacere di assaporare le sue poesie, ognuna preceduta da aforismi e brani tratti da opere di letterati italiani e stranieri. “In ognuno di noi” afferma Palma Crea “ci sono emozioni così forti e coinvolgenti che nessuna analisi riesce ad esprimere e liberare in modo completo come la poesia. Essa infatti, più che della mente, si nutre spontaneamente di sensazioni, sentimenti, emozioni ed infine di tutto ciò che è anima”.

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