“CASTELVECCHIO TRANSMEDIALE”

L’arte come luogo di produzione sociale specifica all’interno di luoghi d’incontro come “zone di comunicazione”. Questa è la premessa storico-teorica per introdurre il concetto base che caratterizza l’edizione 2013 di Outside, rassegna dedicata alle arti visive che si svolge nel comune di Castelvecchio Subequo il 12 agosto a partire dalle 19 in piazza Vittorio Emanuele II e interesserà due strade del centro storico, le poche accessibile dopo il sisma del 6 aprile 2009.
“Il progetto nasce come necessità di utilizzo di queste aree “marginali”; Outside, che letteralmente significa al di fuori, vuole sottolineare questa sorta di ‘esilio’ che gli abitanti sono costretti a subire da quella data” spiegano in una nota Andrea Padovani, Assessore comunale Beni e Attività Culturali e Ivan D’Alberto, storico dell’arte. ‘Outside’ è anche un tema di ampio respiro sociale che tende a sottolineare la sensazione di emarginazione che spesso gli uomini vivono nella quotidianità: si pensi a quel mancato senso di appartenenza ad una comunità, ad un sistema o ad una particolare classe sociale. Quest’anno il tema scelto è Simbolo TRANSmediale “pre-testo” per TRANSumanze umane, tema che vuole riflettere la condizione sociale e urbanistica di una comunità che pur nelle difficoltà cerca nuovi spazi, per la crescita culturale.

Il termine transmedia è utilizzato per la prima volta da Henry Jenkins, docente al Massachusetts Institute of Technology di Boston, nella sua pubblicazione Cultura Convergente (edito nel 2007 da Apogeo).
Nell’arte contemporanea l’installazione urbana e la performance, seppur considerati linguaggi estetici ormai desueti, soprattutto se messi in relazione con l’era del web, sono i modus operandi che meglio riescono ad offrire un’esperienza transmediale.
Tant’è che il progetto culturale di Castelvecchio Subequo propone, attraverso l’installazione urbana e l’azione performativa, una sorta di transumanza dei residenti e dei visitatori del piccolo centro, in parte ancora chiuso a causa del sisma che ha colpito la provincia aquilana nel 2009.

L’intervento è stato affidato ai designers Dario Oggiano ed Elisabetta Di Bucchianico ideatori del progetto Mater Universalis Signorum Aprutii (MUSA) che nasce da una storica foto della seconda metà dell’800 che ritrae l’immagine di una pecora che presenta sul pelo una singolare decorazione.
La foto ad oggi rimane un mistero e le notizie a riguardo sono davvero poche: lo scatto sarebbe stato effettuato da un fotografo olandese che all’epoca percorreva l’Italia mentre si dirigeva a Sud, mentre si parla dell’esistenza di una edizione francese del Manuale di Zoologia Fantastica di Jorge Luis Borges, pubblicata nel 1968, in cui tra gli animali fantastici compare proprio la musa ovina. Il riferimento sarebbe poi stato misteriosamente omesso nell’edizione definitiva del 1969.
Attraverso quest’immagine i designers hanno realizzato, a grandezza naturale, una pecora in ceramica bianca coperta da un vello decorato così come è raffigurato sulla storica foto.
La MUSA ovina è stata poi collocata nelle viscere del centro storico di Castelvecchio, posta su un basamento come se fosse una statua votiva e resa simbolo contemplativo come se fosse un idolo pagano contemporaneo.
L’installazione ha preso poi vita nel momento in cui la notte ha spento la cittadella abruzzese e un percorso, suggerito da candele accese, ha indicato la strada alle persone, le quali hanno potuto omaggiare e chiedere “grazia” alla MUSA ovina.
In questo modo ogni viandante ha potuto sperimentare in prima persona quest’insolita “narrazione urbana”: un’esperienza performativa atta a ricreare una relazione osmotica tra il borgo e le persone che lo animano.
Un modo nuovo per confrontarsi con lo spazio e per vivere un processo “catartico” che conduce ad uno dei simboli più rappresentativi della regione Abruzzo: la pecora, immagine di purezza e semplicità nella cultura biblica, animale gregario che riflette anche un aspetto sociale, l’osservanza delle regole, il rispetto e la trasmissione dei valori del gruppo, ma anche espressione di ricchezza e prosperità per via della lana e del latte.
In questo progetto culturale i medium messi in campo sono moltissimi: una fotografia storica, una scultura in ceramica, un percorso esperienziale, un mistero e una leggenda, tutti atti ad alimentare un simbolo TRANSmediale.
A questi medium si aggiunge anche quello folcloristico e pagano che caratterizza moltissimo la ritualità meridionale italiana. L’Abruzzo, infatti, è terra di diverse tradizioni popolari che il più delle volte si esprimono proprio con la dinamica della “transumanza”: il quadro intitolato “Il voto” (1883) del pittore Francesco Paolo Michetti è un documento che attesta in maniera precisa come l’azione di fede (la processione dedicata al San Pantaleone di Miglianico – Chieti) si trasforma in percorso transumantico – processo catartico e performance di coloro che chiedono al santo l’espiazione dei peccati.
Su questa scia la corsa degli zingari di Pacentro  e la stessa transumanza dei pastori che simbolicamente rappresenta il legame tra il passato e il presente e la prospettiva futura nell’esperienza del cambiamento.
Questo esempio di estetica relazionale non solo offre una visione estremamente trasversale di un concetto abbondantemente logoro e inteso sempre e solo da un punto di vista (la transumanza dei pastori), ma permette, attraverso un pensiero divergente, di scoprire come anche le tradizioni più “integraliste” possano essere reinterpretate e riattualizzate in base alle nuove forme di comunicazione.